Procura di Milano, maxi stangata sul food delivery

Multe per oltre 730 milioni di euro per le violazioni delle norme sulla sicurezza, obbligo di regolarizzazione del rapporto di lavoro e indagine fiscale su Uber nell'ambito dell'inchiesta presentata oggi che vede sei indagati
Procura di Milano, maxi stangata sul food delivery

Multe per centinaia di milioni di euro. L’obbligo di contrattualizzare decine di migliaia di lavoratori. Indagini penali e tributarie per verificare il rispetto delle norme sul lavoro e la correttezza delle dichiarazioni fiscali. Non si fatica a definire un “colpo d’accetta” l’affondo della procura di Milano sul mondo delle grandi piattaforme di food delivery. Le novità sono giunte oggi da una conferenza online organizzata dallo stesso procuratore capo Francesco Greco con la sua aggiunta Tiziana Siciliano, la pm Maura Ripamonti e il colonnello dei Carabinieri Antonino Bolognani, comandante del Nucleo di tutela del lavoro dell’Arma, che hanno condotto un’inchiesta molto pesante su questo settore.

INDAGATI I VERTICI DELLE MAGGIORI SOCIETÀ

Alle società del food delivery sono state contestate ammende per ben 733 milioni di euro per aver violato i profili di sicurezza dei fattorini. Il dato, impressionante, è stato comunicato durante la conferenza dal colonnello Bolognani, il quale ha detto che “se le aziende pagheranno queste ammende, ciò consentirà loro l’estinzione del reato” per l’inchiesta che vede al momento sei persone indagate, tutte figure apicali delle cinque società messe ai raggi X dalla procura di Milano, partita dal capoluogo lombardo con i suoi approfondimenti per arrivare poi in tutta Italia. Le contestazioni, elevate alle società proprietarie dei marchi Uber Eats, Glovo (e la sua controllata Foodinho), JustEat e Deliveroo riguardano il mancato rispetto di alcuni articoli della legge 81 del 2008, il Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. In particolare, si contesta il mancato rispetto del datore di lavoro o del dirigente in relazione all’informazione dei lavori (sulla sicurezza) alla loro formazione, all’uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale. Quest’inchiesta è nata dopo le denunce di alcuni incidenti subiti dai rider durante il proprio lavoro e si è allargata sia territorialmente, sia come ambito, arrivando a fornire uno sguardo completo sulla condizione di lavoro dei fattorini.

“NON SONO SCHIAVI, REGOLARIZZARE I LAVORATORI”

Corollario di questa indagine anche l’obbligo di regolarizzare oltre 60mila lavoratori presi in esame con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa che superi l’attuale assetto di lavoratori autonomi e occasionali. I magistrati hanno spiegato di aver notificato dei verbali che contengono queste prescrizioni, altrimenti saranno presi “provvedimenti” specifici. Va ricordato che a fine maggio del 2020 i carabinieri del Nucleo tutela del lavoro hanno sentito con dei questionari circa un migliaio di rider su strada a Milano, in quella che è stata la prima fase dell’indagine che ha visto anche il coinvolgimento di Inail e Inps. Poi è partito il monitoraggio in tutte le province per fotografare, attraverso la voce dei lavoratori, le modalità di svolgimento del servizio, i rapporti di lavoro e le forme di tutela garantite, sotto il profilo della sicurezza su strada, ma anche sanitaria. Se le aziende non assumeranno i rider con le garanzie previste dalla normativa saranno sottoposte a “decreti ingiuntivi”. I magistrati hanno chiarito che i verbali sono stati inviati perché non è stato riscontrato, all’atto pratico, che c’erano le regolarizzazioni e le assunzioni che andavano fatte in base al quadro normativo attuale. Sui rapporti di lavoro dei rider, peraltro, c’è anche una recente sentenza della Cassazione derivata da un procedimento aperto a Torino. “Non c’è più un capo reparto come una volta. I rider vengono guidati, sorvegliati, valutati attraverso un programma informatico. Ci troviamo davanti a un sistema di organizzazione aziendale che funziona attraverso un’intelligenza artificiale ha commentato il procuratore capo Francesco Greco, aggiungendo che adesso il problema diventa giuridico. “I Rider che abbiano ascoltato sono tutti risultati regolari in Italia con permesso di soggiorno. Ma la configurazione del rapporto di lavoro nega il futuro a questi lavoratori, perché non si dà loro la possibilità di costruirsi una carriera adeguata”.

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