McDonald’s punta a inclusività e parità di genere

La multinazionale dell’hamburger fissa l’obiettivo: il 35% dei ruoli dirigenziali a rappresentanti delle minoranze entro il 2025. E per il 2030 quote rose al 45% nelle posizioni dal senior director in su. Il modello è Starbucks

Arriverà sino al 35% entro il 2025 la percentuale di dipendenti appartenenti a gruppi o minoranze sotto rappresentate che avranno un ruolo dirigenziale in McDonald’s. Ad annunciarlo è stata la multinazionale del panino, che così intende sottolineare il proprio impegno in direzione della diversità e della leadership egualitaria. Anche alle donne, per almeno il 45% del totale, saranno attribuite posizioni dal senior director in su. In questo secondo caso, il traguardo è fissato al 2030. I dettagli sono stati esposti in un articolo a firma di Amelia Lucas sul network Cnbc.

INTEGRAZIONE COME MODELLO DI BUSINESS

Al momento, la rappresentanza delle minoranze nell’organigramma dirigenziale di McDonald’s è più contenuta: le persone di colore, per esempio, sono il 29%, le donne il 37%. «Non intendiamo accettare niente di meno che risultati concreti e misurabili in direzione di una maggiore inclusività e dell’aumento del livello di dignità e rispetto con cui trattiamo i nostri dipendenti», ha spiegato il ceo Chris Kempczinski (nell’immagine principale) in una lettera al personale pubblicata su LinkedIn. «A imporcelo è il nostro ruolo di leader e l’attuale modello di business di McDonald’s, che trae grandi vantaggi dall’integrazione nel processo decisionale di punti di vista diversi».

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MENTORSHIP E PREMIALITÀ

La capacità, in particolare per i vice presidenti di settore, di farsi ambasciatori dei valori del brand, investendo sulle donne, le minoranze e i gruppi sotto rappresentati verrà anche considerata come un parametro su cui fissare incentivi, bonus e premi di produzione, in aggiunta ai volumi di vendite generati. Sarà più costante e orientato ad azioni concrete il dialogo con gruppi di rappresentanza interni ed esterni, verranno organizzati programmi di mentorship e sponsorizzazione delle figure junior più brillanti e il grado di soddisfazione interno verrà monitorato tramite uno specifico parametro: “l’indice di inclusività”.

UNA SCELTA DOPO LE RIPETUTE ACCUSE DI DISCRIMINAZIONE

Filantropia, certo, ma non solo. Dietro questa presa di posizione così forte ci sono almeno due altri fattori. Il primo, le ripetute accuse di trattamento non equo nei confronti dei titolari di franchising presentate anche di fronte al tribunale da persone di colore, convinte che la Grande M Gialla li penalizzi consapevolmente in termini di fatturato potenziale assegnando loro location meno interessanti, in contesti più poveri o complessi.

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UN NUOVO CAPITOLO NELLA STORIA DEL BRAND

Il secondo, la volontà di replicare comportamenti virtuosi di alcune catene, che in direzione della parità si sono mosse da tempo, una su tutte Starbucks. È di ottobre 2020 l’annuncio del colosso del caffè di Seattle di voler raggiungere la parità di genere in almeno il 30% della forza lavoro corporate entro il 2025. «Il nostro è un obiettivo aziendale, ma non solo. Viviamo in un ecosistema globale in cui intendiamo scrivere un nuovo capitolo della nostra storia di marca», ha concluso Kempczinski.

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