Dal Caffè Florian parte un Sos per salvare i locali storici

A Venezia compie 300 anni la più antica caffetteria italiana. Ma le serrande sono abbassate e nessuno ha voglia di festeggiare. Il grido d'allarme dei gestori: "Senza aiuti scompare un patrimonio nazionale"

Un compleanno tanto atteso quanto amaro. Lo ha festeggiato il 29 dicembre il Caffè Florian di Venezia, che ha tagliato l’ambito traguardo dei 300 anni di attività. Un anniversario per certi versi storico, segnato tuttavia dalla desolazione delle saracinesche abbassate imposte da una crisi difficile anche solo da ipotizzare appena un anno fa.

In piazza San Marco il più antico caffè d’Italia ha rinunciato a spegnere le candeline dopo la chiusura auto-imposta del 9 novembre, per lanciare un grido di dolore che accomuna la quasi totalità dei locali storici sulla penisola. “La crisi attuale è ovviamente di tutti“, ha spiegato Marco Paolini, amministratore delegato della società Sacra che gestisce il locale, “ma per il Caffè Florian è lo specchio di un’intera città, Venezia, vittima del suo stesso successo turistico mondiale“.

UNA CRISI CHE SI ABBATTE PURE SUL PATRIMONIO STORICO

Festeggiare i 300 anni di vita di un’attività con le porte sbarrate è l’immagine emblematica di questa crisi di Venezia e delle città d’arte in generale“, ha proseguito Paolini, “per questo il Florian è un simbolo, le cui difficoltà non hanno solo valore economico, ma soprattutto storico, in quanto si sta parlando pezzi della storia d’Italia conosciuti nel mondo“.

Ad aumentare l’amarezza, nelle parole di chi si occupa di uno dei luoghi più celebri di piazza San Marco, la fastidiosa sensazione di trovarsi abbandonati al proprio destino. “Nel bel mezzo della pandemia“, infatti, “il demanio continua a richiedere il 100% dell’affitto, senza che noi abbiamo ancora ricevuto un euro di ristoro“. Omaggiato lo scorso 3 dicembre da Poste Italiane con un francobollo della serie Eccellenze del sistema produttivo ed economico, ora il caffè e i suoi 90 dipendenti sono chiamati a fronteggiare il più desolante bilancio di tre secoli di storia, con un futuro sempre più denso di preoccupazioni.

Essendo un’azienda con un fatturato nel 2019 superiore a 5 milioni non abbiamo potuto beneficiare di diverse agevolazioni“, ha spiegato Paolini a Repubblica, “come se essere dei bravi amministratori, avere a cuore il futuro dei dipendenti e riuscire a crescere sempre di più fosse una colpa“.

LA RICHIESTA DI FIPE: UN FONDO AD HOC PER I CAFFÈ

Le difficoltà del Florian Caffè, d’altra parte, sono le stesse attraversate dalla maggior parte dei caffè storici italiani, molti dei quali rischiano di non poter più riaprire una volta conclusasi l’emergenza. L’allarme era già stato lanciato lo scorso mese di novembre da Fipe-Confcommercio, ancor prima che il lockdown di Natale infliggesse l’ennesimo, drammatico, colpo di grazia a decine di attività sorte tra il XVIII e il XX secolo, luoghi d’incontro per artisti, intellettuali e politici che, seduti a questi tavolini, hanno scritto pezzi della storia recente italiana.

Da Roma a Venezia, da Firenze a Napoli, il crollo dei flussi turistici sta mettendo in ginocchio queste attività“, era stato in quell’occasione l’allarme di Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio, “non possiamo permettere che questo accada. Questi non sono solo locali, ma veri e propri monumenti: un patrimonio materiale e immateriale del nostro Paese che, come tale, è interesse di tutti quanti tutelare e difendere. Ecco perché è essenziale creare un fondo ad hoc per sostenere i caffè storici e prevedere una fiscalità dedicata che consenta un abbattimento della tassazione locale e nazionale”.

IL COLPO DI GRAZIA DALLA SCOMPARSA DEL TURISMO

Il problema più grosso, ovviamente, resta la scomparsa pressoché totale di quel turismo che costituiva la quasi totalità della clientela.

Il 90% della nostra clientela è sempre stata composto da turisti, italiani e stranieri, spiegava a novembre Marco Valenza, titolare di Paszkowski e Caffè Gilli, locali storici nel cuore di Firenze. “Ciò che però rende insostenibile la crisi sono i costi: da un lato abbiamo la responsabilità di 95 dipendenti e delle loro famiglie, dall’altro dobbiamo fare i conti con affitti monstre”.

Anche per Raffaele Alajmo, titolare di molti locali di Venezia tra cui il Caffè Quadri di piazza San Marco solo l’1-2% dei veneziani frequenta il locale, a fronte di un 98% di turisti. “Parliamo di un mondo che, quando tornerà, sarà comunque molto cambiato. Ecco perché dobbiamo aprire una discussione sul futuro dei caffè storici: come potremo risultare attrattivi tra 10 anni per gli under 30? Come potremo rendere sostenibile il nostro modello di business se prima non riusciremo a ridurre costi fissi e vincoli?

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