Italian Sounding? Vale anche per i format

Sono sempre più numerosi i formati di ristorazione esteri che puntano su nome e cibo italiano per avere successo

Italian sounding: Parmesan, romanello, prosek, jambon de Parme, fontiago, e via dicendo. Nomi tristemente familiari ai milioni di italiani che vivono all’estero o che viaggiano molto al di fuori dei confini italici.

Una galleria di obbrobri in bella vista sugli scaffali di tutto il pianeta. Un insulto alla cucina migliore del mondo. Un calcio ben assestato alla secolare e variegata tradizione agroalimentare Italica. Uno stupro gastronomico e commerciale che si estende di anno in anno.

Ma che dire anche di Sbarro, Vapiano, Bella Italia, Carino’s company, Figaro’s Pizza, Pastamania, Prezzo, Tony Macaroni e le altre decine di format con nomi italiani anche accattivanti ma che di italiano hanno ben poco?

L’ITALIA CHE PIACE ALL’ESTERO

Mentre per l’Italian Sounding esistono stime che parlano di un valore di 90 o 100 miliardi di dollari, secondo le indicazioni rispettivamente di Assocamerestero e Coldiretti, per i format di ristorazione “italofoni” non è possibile fornire valori che possano esemplificare la portata di tale fenomeno.

A onor del vero, differentemente da quanto avviene per i prodotti contraffatti, un format di ristorazione pseudo-italiano non arreca nessun danno economico al Belpaese, ma solo eventualmente di immagine.

Personalmente, quando in una qualsiasi città straniera noto un’insegna tricolore e magari un menù scritto su una lavagnetta in un italiano approssimativo che riporta piatti come la Caesar Salad o il Chicken Parmigiana, vengo assalito da un misto di rabbia e soddisfazione.

Rabbia per come la cucina migliore al mondo venga reintepretata e brutalizzata per mere ragioni commerciali, ma anche soddisfazione perché ciò dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che in campo agroalimentare e culinario, l’Italia detta legge in tutto il mondo.

QUALCHE ESEMPIO

Quali sono i format di questa infausta categoria che hanno maggior successo? Elencarli tutti è ovviamente impossibile, ma è interessante analizzarne almeno due:

SBARRO

Questa catena di fast food italiano a onor del vero, ha origini italianissime. Nel 1956, infatti, Gennaro e Carmela Sbarro, immigrati negli USA da Napoli, aprirono una salumeria a Brooklyn, nel quale iniziarono a vendere anche tranci di pizza per i lavoratori con poco tempo per la pausa pranzo. Questa geniale intuizione portò alla costruzione di un impero che attualmente conta più di 800 locations in 33 paesi del mondo, con già ben due fallimenti alle spalle.

VAPIANO

Forse l’esempio più lampante di come avere successo con l’Italia non avendo niente di italiano. La catena tedesca, nata nel 2002 da tre soci tutti di nazionalià teutonica, accompagnata dal motto “Chi va piano va sano e va lontano” si è rivelata ben presto un successo di dimensioni mondiali, potendo attualmente contare su 212 ristoranti in 33 paesi e un fatturato nel 2017 di 327,7 milioni di Eur.

Quando si parla di cibo, l’Italia è sempre in prima linea

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