L’altra faccia del delivery: il rischio reputazione

I clienti d’oltreoceano sono sempre più attenti alle inaccuratezze degli ordini in delivery, un rischio reale per la reputazione del ristorante
L’altra faccia del delivery: il rischio reputazione

Come abbiamo visto, il food delivery continua a crescere anche nel post pandemia, sia negli Stati Uniti, così come in Italia.

Numeri dagli USA

A tal proposito, Restaurantdive ha riportato uno studio effettuato dalla piattaforma EduMe, che evidenzia come il 45% delle persone intervistate abbiano affermato di essere ormai dipendenti dal food delivery, il 40% ordina almeno una volta al mese e il 13% tra due e sei volte la settimana.

Il 63% ha affermato di aver avuto almeno una volta un problema con la consegna, e di questi il 66% ha incolpato il ristorante, il 42% ha chiesto un rimborso e il 20% ha affermato che non ordinerà più da quel ristorante.

Oltre il danno la beffa?

Questo rappresenta senz’altro uno dei più grandi paradossi del rapporto ristoratore-piattaforma. Oltre il danno la beffa verrebbe da dire.

C’è però da fare una premessa. Come ci disse un ristoratore di Miami intervistato per IFN alcuni mesi faGli americani ordinano per consegna a domicilio come se stessero ordinando seduti al tavolo”. Inclusi cibi come carbonara e cacio e pepe, tanto per dire. È evidente che in tale contesto le aspettative anche per un ordine in consegna siamo decisamente alte. E chi se ne frega se la cacio e pepe dopo 20 minuti arriva tutta attaccata…

Il paradosso

Se consideriamo le commissioni pagate da un ristorante alle piattaforme di delivery (anche fino al 35%) e i dati dei clienti gestiti in completa autonomia da queste ultime, il fatto che un ristoratore debba anche sorbirsi le lamentele e in casi estremi anche effettuare un rimborso per un qualcosa per cui non ha colpa, mettendo inoltre a rischio la propria reputazione, appare francamente come un grande paradosso…

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