Ristorazione, il rapporto Fipe 2021 rilancia l’allarme

Impennata dell'inflazione, restrizioni ancora da allentare, timori per le conseguenze della guerra. Sui numeri dello scorso anno, già poco rassicuranti, si abbattono nuove minacce. Tra i fronti più caldi la ricerca di una soluzione all'emorragia di personale
Ristorazione, il rapporto Fipe 2021 rilancia l’allarme

I timidi segnali di ripresa non sono ancora riusciti a scalfire la tempesta perfetta che, da oltre due anni, si sta accanendo sui pubblici esercizi e la ristorazione.

Mentre le limitazioni imposte dal contenimento della pandemia continuano far sentire i loro effetti, l’improvviso e perdurante rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia contribuisce a creare un’incertezza crescente tra gli imprenditori del settore.

Lo testimoniano i dati e le riflessioni emersi dal Rapporto Ristorazione Fipe 2021, realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab E presentato a Roma il 23 marzo. Quello che doveva essere l’anno della ripartenza, infatti ha mantenuto la promessa solo per il 16% delle imprese, i cui fatturati sono cresciuti, mai però più del 10%.

VOLUME D’AFFARI CROLLATO PER IL 73%

Per il 73% degli imprenditori, invece, il calo del volume d’affari è stato vertiginoso, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi.

Gli italiani, non a caso, hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019, equivalente al 27,9%.

Naturale conseguenza di queste dinamiche, e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato attorno al settore, è stata la scomparsa di 194 mila professionisti di bar e ristoranti rispetto al periodo pre-Covid. Una voragine che è difficile pensare di poter colmare.

CHIUSURA PER 23 MILA IMPRESE

La ripartenza, infatti, procede ancora a rilento, vuoi per le restrizioni ancora vincolanti per il settore, con la speranza che il Green pass vada definitivamente il archivio il prossimo 30 aprile, vuoi per le crescenti difficoltà legate al reperimento del personale.

I numeri, anche in questo caso, parlano chiaro: sono 23 mila le imprese che hanno chiuso i battenti nel 2021, 45 mila se si prende in considerazione anche l’anno precedente.

La spinta alle creazione di nuove attività si è più che dimezzata, passando dalle 16-17 mila degli anni precedenti alle 8.900 del 2021. Per l’86% delle imprese il fatturato nel 2021 è ancora al di sotto dei livelli del 2019. Nel 2021 i consumi si sono ulteriormente ridotti di 24 miliardi di euro rispetto al 2019.

STOP A QUASI IL 30% DEI NUOVI ESERCIZI

Su 100 esercizi aperti nel 2019, 20 hanno chiuso i battenti nel 2020, soglia che arriva al 30% se si prende in considerazione l’anno seguente. Il danno per l’intera filiera derivante dalla cospicua riduzione di entrate valutarie nel breve volgere di soli due anni non poteva essere colmato, d’altro canto, dal solo aumento dei consumi in casa.

L’emorragia di personale è un altro fronte sul quale è necessario un impegno in prima linea da parte del governo, in considerazione dei 116 mila posti di lavoro a tempo indeterminato andati in fumo nel solo 2020.

LE RICHIESTE DELLA FIPE AL GOVERNO

Per l’immediato prevale, comunque, tra gli addetti ai lavori un cauto ottimismo, che fa leva sull’effetto rimbalzo. L’impatto del conflitto in Ucraina si farà sentire, ma è ancora azzardato prevedere in che modo. Di certo, malgrado l’impennata inflazionistica, il 57% degli esercenti conta ancora di aumentare il fatturato rispetto allo scorso anno.

Il 62% delle imprese che ritiene verosimile un ritorno ai livelli pre-crisi solo nel 2023. Incertezza che si acuisce a causa della minore propensione degli italiani a spendere in bar e ristoranti dovuta principalmente, secondo il 43% degli imprenditori, agli effetti del carovita e al perdurare di un indice di fiducia negativo.

Ma, come ha ricordato il presidente della Fipe Stoppani, ora più che mai sono importanti interventi sulla liquidità da parte del governo per ridurre il fardello del debito e una decontribuzione delle retribuzioni per non disperdere le competenze. Senza dimenticare di prendere in considerazione l’ipotesi di nuovi ammortizzatori sociali.

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