Per i salumi italiani, il 2021 è stato un anno mediamente positivo. Gli ultimi dati sul consumo nazionale, emersi dalla ricerca Iri-Tuttofood “Il consumo dei salumi in Italia: dati, trend e novità dal mercato”, evidenziavano per i primi nove mesi del 2021 un incremento del 5,8% a livello nazionale nei consumi al banco taglio (52,3% del totale delle vendite in super e ipermercati) e del 4,2% nel libero servizio, mentre il take away appariva in flessione del 5,9% (ma incide soltanto per il 15,5% sulle vendite totali).
Dalla distinzione tra categorie di prodotto, emerge il balzo del prosciutto crudo (+7,2%) e bresaola (+8,3%) che avevano riscontrato le maggiori difficoltà nel 2020, e il boom (+37,2%) del guanciale, mentre lardo (-2,2%) e coppa (-1,6%) sono entrati in trend negativo.
CONTI IN CRESCITA NEL 2021
Anche i primi dati comunicati dai consorzi di tutela sono in ripresa rispetto al 2020. Il Prosciutto di San Daniele dop registra un fatturato in crescita del 14% con 2,8 milioni di cosce vendute per un fatturato complessivo di 350 milioni di euro, per il 17% derivanti dall’export.
In ripresa anche la Finocchiona Igp (+20,8%) che ha ottenuto il record di produzione con 1 milione e 92mila pezzi prodotti per un valore che ha sfiorato i 13 milioni di euro alla produzione e di 22,4 milioni alla vendita.
Per quanto riguarda le esportazioni, il Monitor distretti di Intesa Sanpaolo evidenziava, per i primi nove mesi 2021, un incremento del 15,5% per i salumi del distretto agroalimentare di Parma, con un giro d’affari estero di 320 milioni contro i 277 dello stesso periodo 2020 (e i 274 del 2019). E crescite superiori al 20% erano state rilevate sia tra le aziende del comparto reggiano (47 milioni nei nove mesi) sia in quello di San Daniele del Friuli (43 milioni), mentre l’Alto Adige ha ottenuto vendite per 54 milioni contro i 55 dell’anno precedente.
LA BATTAGLIA IN EUROPA
Il 2022 è però iniziato con diverse tensioni all’interno del settore. La prima ha riguardato l’emergenza sanitaria, questa volta non legata al Covid bensì alla peste suina africana che ha colpito suini e cinghiali ed è arrivata anche in Italia, individuata per la prima volta in una carcassa di cinghiale rinvenuta a Ovada (Alessandria). La malattia non è contagiosa per l’uomo, ma la sua diffusione tra i capi in allevamento potrebbe avere pesanti conseguenze economiche per le aziende del settore suinicolo.
È poi in atto l’attacco, denunciato il mese scorso da Coldiretti, in sede europea da parte di 12 nazioni che si oppongono alla revisione dei prodotti ammessi alla promozione dell’Ue, tra i quali compaiono i salumi e in generale il mondo delle carni, considerati pericolosi per la salute. “La demonizzazione di bistecche, braciole, prosciutti, salami, mortadelle che hanno dietro milioni di lavoratori europei, coincide in maniera evidente con la propaganda del passaggio a una dieta unica mondiale, dove il cibo sintetico si candida a sostituire quello naturale. Non lo possiamo accettare”, ha ribattuto il presidente dell’associazione, Ettore Prandini, che insieme al consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, ha inviato una lettera anche a diversi commissari europei (tra cui il nostro Gentiloni e il commissario Woicjechowski) e agli eurodeputati in cui si ribadisce la necessità di agire subito per scongiurare l’esclusione dai fondi della promozione di settori chiave del made in Italy.
POCO EXPORT IN AREA BELLICA
E la guerra in Ucraina? Davide Calderone, direttore di Assica (associazione nazionale dei produttori di salumi), ha evidenziato su Foodweb.it che le ripercussioni dirette per il settore sono limitate. L’export verso la Russia è ridotto ai minimi termini dopo l’attuazione delle sanzioni economiche scattate dall’Europa con l’attacco russo del 2014 in Crimea, che aveva determinato come reazione da parte di Mosca il blocco all’import di diversi prodotti europei tra i quali la maggior parte dei salumi a eccezione di quelli appartenenti al codice 1602, cioè prosciutti cotti e altri prodotti cotti.
Nei primi 11 mesi del 2021, le esportazioni di salumi hanno generato appena 816 mila euro di ricavi contro i 55 milioni di euro incassati dalle aziende italiane prima delle chiusure del 2014. Sono poco significativi anche i mercati di Ucraina e Bielorussia: la prima aveva generato 3,4 milioni di export nel periodo gennaio-novembre 2021, la seconda 1,2 milioni di euro. In sostanza, l’eventuale blocco di invii verso le tre nazioni coinvolte nel conflitto genererebbe un danno complessivo di poco meno di 6 milioni di euro all’anno.
Calderone ha però evidenziato le ripercussioni indirette: ulteriore aumento del costo del gas e di tutti i beni accessori diversi dalla materia prima utilizzati nelle produzioni di salumi (elettricità, gasolio, plastica, carta e cartone, legno, trasporti). “Inoltre, l’impatto è legato all’aumento del costo delle materie prime per la produzione di mangimi, che inevitabilmente innescheranno un rincaro nel prezzo dei suini e a cascata di quello di tagli e salumi”, ha precisato il direttore di Assica.
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