Vini naturali sulla cresta dell’onda, ma il fine wine resta per pochi

Cresce il posizionamento delle referenze ‘naturali’, ma sono quelle percepite come fine wine. Parole d’ordine pulizia, terroir, brand e storicità
Vini naturali sulla cresta dell’onda, ma il fine wine resta per pochi

Da moda passeggera a fenomeno in crescita, i vini naturali attraggono l’attenzione di consumatori giovani o curiosi di tutte le età, senza trascurare gli esperti di settore. Un trend che, spinto dall’attenzione alla sostenibilità, non accenna ad arrestarsi nel 2022.

COSA SONO I VINI NATURALI?

La definizione non è semplice, perché in Italia non esiste ancora un disciplinare che li identifichi con esattezza. Non si parla di biologico né di biodinamico, ma di un passo oltre. Per dirla con le parole di VinNatur, tra le associazioni nazionali di riferimento, “il vino naturale deriva da metodi di lavoro che prevedono il minor numero possibile di interventi in vigna e in cantina, l’assenza di additivi chimici e di manipolazioni da parte dell’uomo“.

FINE WINE NATURALI?

In mancanza di uno status univoco, monitorare il mercato resta difficile. Certo le referenze ‘naturali’ iniziano a uscire dalle enoteche specializzate per inserirsi nelle carte vini, posizionandosi in fasce di prezzo elevate e talvolta affini a quelle dei fine wine. Ma è sufficiente per rientrare in questa categoria?

Dal mondo degli investimenti a quello della distribuzione e somministrazione, le opinioni convergono verso alcuni requisiti fondamentali, come terroir di provenienza, brand e storicità dell’azienda, oltre a caratteristiche organolettiche impeccabili e mancanza di difetti. Tratti che per il momento delineano una rosa di nomi molto ristretta.

PANIERE DIFFICILE DA ABBORDARE

I margini di manovra sono ancora limitati. “Mi piace” – ammette Francesco Pagani, esperto di investimento legati al vino – “che il mercato inizi a valorizzare produttori con approccio più ‘olistico’, anche se è importante che il concetto di naturalità non venga anteposto alla qualità di un vino. Solo un paio di produttori in Italia riescono a fare un vino che può posizionarsi nel mercato dei fine wine, ma ad oggi non vedo opportunità di investimento“. Il focus resta su “grandi vini prodotti da grandi vigneron e solitamente su grandi terroir“, non a caso Pagani cita nel paniere Borgogna o Jura, Barolo e Montalcino.

DISTRIBUZIONE PRUDENTE: QUALITÀ IN PRIMIS

Sul fronte dei distributori, l’alto posizionamento non sorprende, ma rimane la necessità di conquistare i consumatori.

Per Corrado Mapelli, direttore generale di Gruppo Meregalli, l’assenza di una normativa specifica è un limite. “Il posizionamento” – dice – “deve essere supportato dalla storia, dalla qualità del terroir e dei suoi prodotti, nonché dal savoir faire di una cantina. Un vino deve essere fatto bene, senza difetti, e deve rispondere ai requisiti che il mercato chiede e riconosce. Dopo di che, per poter essere conosciuto, apprezzato, acquistato, occorrono anche storytelling, marketing, distribuzione“. 

Luca Cuzziol

Un’opinione condivisa anche da Luca Cuzziol. “Noi abbiamo un catalogo definito dalla clientela” – spiega – “e abbiamo creato un estratto ‘Alternativo’ per prodotti che vanno oltre, ma il grande problema dei vini naturali è che non hanno un ente certificatore né una categoria definita. Non è questione di categorie. Deiss è bio da 23 anni, lavora in steineriano da una vita e i suoi vini sono scelti da Pinchiorri, Perbellini, Cracco e Bartolini. Dominique Lafond segue le fasi lunari, fa zero diserbo e usa zero chimica, dove lo colloco? Alla fine il vino è fatto bene va nell’alta gamma“.

Rispetto al prezzo, Gianpaolo Girardi di Proposta Vini ammette che “le ore lavoro dedicate al vigneto, la resa per ettaro normalmente bassa e le dimensioni aziendali spesso familiari costringono i produttori ad applicare prezzi remunerativi“. E se ci sono già vini naturali identificabili come fine wine, non tutti i ristoranti osano nell’offerta.

UNA TENDENZA SFIDANTE

Per Emanuele Salmaso dell’enoteca La Moscheta di Padova, “l’elevato posizionamento è dovuto all’esplosione del fenomeno ‘naturali’, domanda in forte crescita a fronte di un’offerta risicata“. Ma oltre alle questioni di mercato c’è di più: “un alto posizionamento lo avranno i vini che, pur sposando la causa naturale, riusciranno ad essere ‘puliti’ in ogni loro espressione, visiva, olfattiva e gustativa” e questo si lega anche da un brand autorevole e dalla storicità. Tra i nomi di riferimento Valentini, Rinaldi e Gravner.

Sulla recente evoluzione nel posizionamento dei vini naturali, da Oslavia Mateja Gravner rimarca come sia “il risultato di otre un quarto di secolo di lavoro e impegno. Da anni il numero di nuovi produttori che si avvicinano a questo modo di coltivare e produrre è in crescita in tutto il mondo e molti di loro sono già o stanno diventando molto bravi. La profonda conoscenza dei terroir, la valorizzazione di varietà di uve locali, legate anche a zone ritenute minori o secondarie e una maggiore consapevolezza nell’accompagnare le fasi di cantina stanno avvicinando sempre più questi vini ai fine wine“. E lancia una sfida: “credo che a livello di fine wine sarà molto interessante, in un futuro piuttosto vicino, il confronto tra terroir, varietà e approcci produttivi molto diversi rispetto a ciò che abbiamo visto fino a ora”.

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