Fine dining, perché i danesi lo fanno meglio

Noma di Redzepi e Geranium di Kofoed in vetta alla classifica del The World's 50 Best Restaurants. Dietro al successo non solo talento e ricerca sugli ingredienti, ma anche sostenibilità e scelte etiche sulle condizioni di lavoro. E oggi il 38% degli stranieri sceglie Copenhagen per l’esperienza gastronomica
Fine dining, perché i danesi lo fanno meglio

Due dei tre migliori ristoranti al mondo, secondo l’edizione 2021 del The World’s 50 Best Restaurants sono danesi: si tratta del Noma di Rene Redzepi e del Geranium di Rasmus Kofoed, rispettivamente al primo e secondo posto della classifica che premia le migliori esperienze di ristorazione al mondo.

La notizia ha suscitato un certo scalpore, nell’Horeca: senza timore di offendere nessuno, in molti si sono chiesti: “Da quando la cucina danese fa scuola? E perché?“. Prova a dare risposta a una domanda legittima – fino a 20 anni fa, di fatto non avrebbe avuto senso parlare di “cucina danese” – un articolo dell’AFP Agence France-Presse a firma di Camille Bas-Wohlert in cui si citano opinioni e pareri di esperti di marketing e gastronomia. 

ETICA E INNOVAZIONE

Szilvia Gyimothy, docente di marketing alla Copenhagen Business School, osserva: “Dobbiamo a Rene Redzepi la reinvenzione, con un focus sul cibo locale coltivato in modo etico, della cucina locale. Prima, nessuno aveva mai osato avventurarsi su quel terreno. Oggi, è lui e il suo stile a dettare la linea in tutto il mondo“. E aggiunge: “La Danimarca non ha i paesaggi pieni di sole e di coltivazioni rigogliose della Francia o dell’Italia. Qui gli inverni sono rigidi e i campi sono scossi dai venti del mare del Nord e del Baltico. Eppure, proprio questa assenza di elementi che stimolano una festa dei sensi e di tradizioni gastronomiche radicate ha aperto la strada a un livello inedito di innovazione e creatività“.

DUE CHEF SEMPRE IN MOVIMENTO

La maggior parte degli chef di grande successo al mondo riposa volentieri sugli allori. Rene Redzepi e Rasmus Kofoed, invece, non sono mai soddisfatti del risultato ottenuto“, sostiene Bent Christensen, ideatore della guida gastronomica locale Den Danske Spiseguide. “Siamo fortunati ad avere due persone così speciali in un paese così piccolo“. 

Secondo Christensen, anche le peculiarità del territorio e del clima locale, giocano la loro parte: “Siamo a meno di 40 chilometri dal mare, il che rende il pesce perfetto. E siamo tra i pochi Paesi in cui c’è una vera alternanza tra le stagioni, il che consente a frutta e verdura di crescere e maturare nel modo migliore“.

GLI INGREDIENTI DEL SUCCESSO

E lo sanno bene gli chef, che trattano gli ingredienti locali con grande rispetto, mettendoli al centro di pietanze dal sapore ricchissimo: come il cavolo, che Redzepi chiama “il cocco del Nord” o il carciofo che il ristorante Geranium mette al centro dell’esperienza di degustazione “Autumn Universe” insieme ad aragosta grigliata, olivello spinoso e anatra. Nel menu estivo di Noma, che lascerà presto il passo a quello autunnale, c’è una candela al caramello e zafferano, con uno stoppino fatto di noci imbevute all’olio essenziale di cardamomo. 

DIBATTITO PER UN MONDO MIGLIORE

C’è anche l’impegno etico, in particolare, di Redzepi, tra le ragioni del successo della cucina locale citate da Szilvia Gyimothy: “Rene è un fermo sostenitore dell’impiego di materie prime del luogo. Ed è un attivista del dibattito sui temi della sostenibilità del cibo, del cambiamento climatico, ma anche del rispetto di condizioni di lavoro eque e paritarie. Ha usato e intende continuare a usare il proprio ruolo per pungolare la società civile e I decision maker“.

ESPERIENZA PER POCHI PORTAFOGLI

Poco dopo essersi (ri)aggiudicato la terza stella Michelin in settembre, Noma ha scalzato il Mirazur di Mentone dalla vetta della classifica dei 50 Best, tornando a occupare una posizione dove era già stato quattro volte nel primo decennio degli anni 2000. Creatività e impegno sociale, tuttavia, non sono proprio a buon prezzo: per il menu degustazione di Noma si spendono 380 euro, bevande escluse. “Il lato positivo di tanta notorietà è che i danesi stanno imparando sempre di più a scegliere prodotti a km zero, fatti in modo sostenibile e a ridurre la loro impronta ambientale. Ma mangiare consapevole è ancora un’esperienza riservata ad un’elite, in Danimarca“, aggiunge Gyimothy.

INIZIO DI UN NUOVO TURISMO GASTRONOMICO

E gli effetti del successo di Noma e Geranium si vedono anche su altri ristoranti: “Solitamente erano i danesi ad andare all’estero per sperimentare nuovi tipi di cucina. Oggi il trend si è invertito ed è qui che bisogna venire per fare scuola”, nota Christensen.

Secondo il sito VisitDenmark, che promuove il turismo nel Paese, il 38% degli stranieri che ha visitato Copenhagen nel 2019 lo ha fatto per l’esperienza gastronomica.

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