Ristorazione camerieri

Ristorazione, cosa c’è dietro la mancanza di manodopera

Nonostante la perdita di posti di lavoro seguita alla pandemia, per Fipe non si trovano 150 mila lavoratori tra camerieri, barman e cuochi. L'insicurezza del settore e la fuga all'estero tra le cause della scarsa attrattività
Ristorazione camerieri

Qualcuno si è già affannato a puntare il dito contro l’eccesso di assistenzialismo e la scarsa voglia di lavorare delle nuove generazioni. Ma dietro il numero in forte crescita di posti vacanti in settori come turismo e ristorazione sembrano esserci ragioni ben diverse. Quel che è certo è che l’ultima fotografia tracciata dall’Istat ha del paradossale, se si pensa che a fronte degli 814 mila posti di lavoro venuti meno dall’inizio della pandemia, sono all’incirca 230 mila quelli rimasti tuttora sguarniti. Con un calo particolarmente significativo per quanto riguarda i lavoratori stagionali.

FUGA VERSO LA GDO E LA LOGISTICA

Dietro l’emorragia pesano come un macigno le incognite legate al futuro di un settore, quello dell’Horeca, che avrà sì poco a poco riacquistato una nuova normalità, ma che resta lo stesso zavorrato da un forte senso di precarietà che ha spinto molti lavoratori della ristorazione a orientarsi altrove, verso lidi più sicuri come la Gdo e la logistica.

Per la Federazione italiana pubblici esercizi, in un quadro generale che vede la disoccupazione giovanile assestarsi al 33,7% e il tasso di disoccupazione complessiva fermo ad aprile al 10,7%, sono 150 mila le figure professionali che mancano all’appello, tra camerieri, barman e cuochi. A risentirne, come detto, è soprattutto la stagionalità, non in grado di garantire sufficienti certezze per l’impiego e stipendi all’altezza.

FUGA ALL’ESTERO O RITORNO A CASA

Solo a Rimini si stimano 7 mila posti di lavoro di difficile collocamento, tra lavoratori d’albergo, assistenti agli stabilimenti balneari e camerieri. Tanti hanno scelto di cambiare mestiere, rinunciando a una cassa integrazione insufficiente a sostenere le esigenze dei nuclei familiari. Molti, addirittura, hanno preferito espatriare, senza dimenticare il cospicuo numero di studenti fuorisede normalmente impiegati in questo tipo di mansioni e venuti a mancare, causa l’imprevisto rientro a casa dovuto alla pandemia.

Bassa retribuzione in relazione ai carichi richiesti, scarse tutele e rispetto degli orari non sempre garantito per i lavoratori stagionali hanno fatto il resto. Secondo Lavoroturismo.it, principale piattaforma di intermediazione tra ristoranti e hotel in cerca di personale e disoccupati in cerca di lavoro, nel settore dell’accoglienza ci sarebbe una carenza di personale di circa il 20% rispetto alle richieste e fino al 35% per figure come cuochi e capisala.

LE PRIME CONTROMOSSE DAGLI STATI UNITI

Non a caso, negli Stati Uniti molte catene della ristorazione stanno già aumentando le paghe orarie per attirare personale e ridare linfa a un comparto in affanno. Una misura necessaria, ma di certo non sufficiente anche dalle nostre parti se non accompagnata dal riconoscimento del deficit della formazione professionale. Formazione e creazione di competenze specifiche sono, infatti, strumenti necessari e imprescindibili per generare nuova occupazione.

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