Decreto Sostegni, per Fipe misure ancora insufficienti

I primi strumenti di supporto varati dal governo Draghi giudicati non all'altezza dell'emergenza attuale: "Solo 5.500 euro per ristoranti che ne hanno persi 165 mila"
Decreto Sostegni, per Fipe misure ancora insufficienti

La prima misura concreta di sostegno da parte del governo Draghi è arrivata sul finire della scorsa settimana. Il decreto Sostegni procede sulla scia dei precedenti dl Ristori, con interventi di supporto per le categorie ridotte allo stremo dall’emergenza Covid-19.

Tuttavia, l’ammontare di denaro pubblicato destinato a finire nelle casse di bar e ristoranti è già diventato materia di polemica. A far sentire la sua voce per prima è stata la Federazione italiana dei pubblici esercizi, attraverso le simulazioni prodotte dall’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio.

CONTRIBUTO DI 5.500 EURO PER CHI NE HA PERSI 165 MILA

Secondo queste proiezioni, con il decreto Sostegni, il ristorante tipo che nel 2019 fatturava 550 mila euro e che nel 2020, a causa degli oltre 160 giorni di chiusura imposti dalle misure di contenimento della pandemia, ha perso il 30% del proprio fatturato, 165 mila euro, beneficerà di un contributo una tantum di 5.500 euro.

Poco cambia per un bar tipo. Chi nel 2019 fatturava 150 mila euro e ne ha persi 25 mila a causa delle restrizioni, avrà diritto a un bonus di 1.875 euro, il 4,7% della perdita media mensile.

AIUTI ANCORA NON ALL’ALTEZZA

Il decreto Sostegni era certamente necessario, ma è evidente quanto non possa essere considerato sufficiente. Da settimane si parlava di aiuti perequativi, selettivi, adeguati e tempestivi e questi aggettivi non descrivono le misure proposte“, ha dichiarato senza mezzi termini il presidente della Fipe, Lino Enrico Stoppani.

Innanzitutto, la coperta del sostegno a famiglie e imprese è evidentemente troppo corta per la platea che si propone di aiutare: settori come la ristorazione sono stati messi letteralmente in ginocchio dalla gestione dell’emergenza e i limiti imposti sulla perdita di fatturato o sui massimali erogabili hanno effetti perversi sul sostegno alla parte più sana della nostra economia“, ha aggiunto Stoppani. Bastano due esempi: ci si lamenta del nanismo delle imprese italiane e poi si mette un limite di 10 milioni di fatturato per accedere ai sostegni; e ancora: si dichiara che i contributi sono calcolati sulla perdita di fatturato annuo, ma in realtà si indennizza una sola mensilità media. C’è la spiacevole sensazione di voler aggirare il problema. Il punto è che bisogna uscire immediatamente dall’ottica di breve periodo e mettere in piedi un piano di ripartenza che garantisca il diritto al lavoro e non sottoscriva semplicemente il dovere di stare chiusi. Serve un progetto che dia una prospettiva di futuro reale alle imprese e non solo un sostegno temporaneo, che appare oggi una fragile stampella.”

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