Da ristorante a mensa aziendale, storia di una trasformazione vincente

Cambiando il codice Ateco, il C. Risiamo di Empoli è uno dei primi ad approfittare dell'opportunità offerta dal governo. Ingresso riservato ai dipendenti delle ditte convenzionate. Ma il lavoro resta ancora troppo poco
Da ristorante a mensa aziendale, storia di una trasformazione vincente

L’arte di arrangiarsi, si sa, può rivelarsi salvifica nei momenti di estrema difficoltà. È quello che devono aver pensato al C. Risiamo di Empoli, uno tra i primi ristoranti in Italia a cogliere la palla al balzo offerta dall’opportunità concessa dal governo di “trasformare” in mensa aziendale la tradizionale attività di ristorazione.

SEDUTI AL TAVOLO IN ZONA ARANCIONE

Il proprietario Luigi Di Dio Faranna, su imbeccata del suo avvocato, ha pensato bene di cambiare codice Ateco al proprio locale e convertirlo così in una mensa, dove i lavoratori possono trascorrere la pausa pranzo comodamente seduti al tavolo, malgrado la Toscana sia di nuovo zona arancione, costretta a limitarsi ad asporto e delivery.

CONVENZIONI STIPULATE CON LE SINGOLE AZIENDE

Nessun ticket per i dipendenti delle aziende convenzionate tramite un apposito contratto e fattura recapitata direttamente ai datori di lavoro: così, a poco a poco, i 35 posti concessi dalle norme anti-Covid stanno tornando a occuparsi, pur nel rispetto delle misure di sicurezza ormai interiorizzate da ogni esercente.

SERVONO AMBIENTI SEPARATI TRA MENSA E ASPORTO

È servito poco più di un mese, spiega a Food Service il proprietario, per poter rimodulare l’attività originaria, pur senza abbandonare l’ormai tradizionale asporto. Un’operazione non proprio a costo zero, date le spese intraprese tra studio legale e commercialista, ma che, tutto sommato, non ha incontrato troppi ostacoli sul suo cammino. Unico requisito richiesto, se così si può dire, è l’obbligatorietà di separare gli ambienti del locale, la mensa dall’asporto, condizione che necessariamente impedisce a ogni ristorante, per sua singola conformazione, di tramutarsi in qualcosa di diverso dall’originale.

INGRESSO SOLO ESIBENDO IL CONTRATTO DI LAVORO

Dopo qualche iniziale resistenza da parte del Comune, stranito e colto probabilmente di sorpresa da una richiesta che ha finora pochi precedenti, tutto è filato via liscio e il C. Risiamo ha il potuto tornare a imbandire le tavole, seppur per un numero ancora ristretto di avventori. Solo chi esibisce all’ingresso il proprio contratto di lavoro, con buona pace delle partite Iva, può accomodarsi al tavolo: per tutti gli altri resta l’asporto. Molti dei frequentatori attuali erano già habitué e sono stati proprio loro, di fatto, a mettere in contatto azienda e ristoratore.

LIVELLI ANCORA AL 20% DELL’ERA PRE COVID

Una panacea per il settore? No di certo, seppure col tam tam i clienti a poco a poco tornino a far sperare in un locale di nuovo al completo. Ad oggi, mole di lavoro e incassi si fermano al 20% degli standard pre Covid. E, spesso e volentieri, va spiegato alla gente comune che l’ingresso non è consentito proprio a tutti. Come nota Di Dio Faranna, opportunità maggiori sono offerte a chi può di stipulare convenzioni con ditte di grandi dimensioni, molte delle quali sono però già dotate di servizi di mensa interna.

RITORNO AL LAVORO PER CHI ERA IN CIG

Quel che è certo è che questa “trasformazione” ha permesso di richiamare dalla cassa integrazione gran parte dei 16 dipendenti costretti a restare a casa dalle chiusure forzate di questi mesi. Gli incassi, tuttavia, sono come detto gioco forza inferiori ed è impensabile portare avanti un’attività senza adeguati interventi da parte del governo, di certo più sostanziosi di quelli elargiti finora. Al momento, però, per chi ne aveva davvero una gran voglia, ci si accontenta di tornare a fare il proprio mestiere.

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