Fase 2 della ristorazione, uno sguardo sul mondo

In Usa i ristoranti mandano aiuti a sostegno alle proteste di Black Lives Matter. A Tokyo i locali riaprono con connotati diversi. E lo stop al turismo potrebbe aver cambiato per sempre l’enogastronomia portoghese
Fase 2 della ristorazione, uno sguardo sul mondo

Nei primi giorni di questa fase post lockdown, sono differenti le evoluzioni che stanno avendo le riaperture dei ristoranti, a seconda dell’angolo di mondo in cui ci si trovi.

IN USA, I RISTORANTI SOSTENGONO IL MOVIMENTO BLACK LIVES MATTER

I movimenti neri di protesta contro le violenze della polizia hanno preso il posto del Covid nella cronaca americana. E la solidarietà si è sostituita alle difficoltà per la ripartenza post pandemia anche nella mente e nel cuore dei ristoratori.  A Los Angeles, Oakland, New York, Atlanta, Seattle, Dallas molte altre città negli Usa gli esercenti, in ginocchio dopo le perdite accumulate nelle settimane di chiusura per il lockdown, hanno aperto il portafogli a sostegno della causa e del movimento Black Lives Matter dopo la morte di George Floyd, 46enne nero ucciso da un poliziotto bianco lo scorso 25 maggio e la cui morte è diventa il simbolo del razzismo contro i neri mai estirpato nel Paese. Il sito Eater raccoglie e racconta le iniziative solidali degli operatori dell’OOH negli Usa.

ORA CHE I RISTORANTI HANNO RIAPERTO, CHE COSA SIGNIFICHERÀ MANGIARE FUORI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS?

Sulle pagine (virtuali) del The Guardian, in un articolo di Liana Aghajanian, tre esperti discutono del futuro del settore, tra spazi esterni e nuove procedure di sicurezza. A pressoché ubiquitari dettami dell’era post-lockdown – della sanificazione costante degli ambienti, della tutela della salute dei dipendenti e della riorganizzazione del layout per evitare al massimo l’incrocio tra persone – si affianca il divieto totale di qualunque azione di self service: dal ketchup al sale, dall’apertura della porta al pagamento con il Pos, tutto sarà gestito dal personale, nell’era della ristorazione che riapre dopo lo stop da Covid 19. Il ruolo stesso dei camerieri cambia a tutto tondo: da experience provider a quello di “responsabile operativo”. “Non accoglieremo più il cliente come degli ospiti, ma dopo aver dato il benvenuto all’ingresso dovremo ridurre al minimo ogni tipo di interazione, fisica ed emozionale”. Max Hardy, chef di Detroit, Jason Rose chef e presidente di Full-Heart Hospitality e Kristel Arabian, fondatrice della Indipendent Hospitality Coalition, si dicono preoccupati, ma convinti che l’unica strada possibile sia tentare di costruire nuove relazioni e inediti modi di interagire con i clienti. E dal pubblico che reazione vi aspettate?: “Possiamo solo sperare che comprendano”.

GIAPPONE: RIAVVIO DEL RISTORANTE, RINNOVO DEI MODELLI DI BUSINESS

Anche a Tokyo dallo scorso 14 maggio ristoranti, izakaya (i pub giapponesi) e bancarelle hanno cominciato a riaprire al pubblico. E anche in Giappone, racconta Nakagawa Saori su Nhk News, la rinascita dei locali è iniziata sotto l’ombrello delle regole decise dal governo di Shinzo Abe, coi ristoratori impegnati a ridurre il “contatto” tra camerieri e clienti dell’80%. Un cambiamento che per il consumatore è evidente già dall’ingresso nel locale: dove i calorosi benvenuti dello staff, un marchio di fabbrica di qualunque attività di ristorazione nipponica, sono stati sostituiti da messaggi proiettati su monitor e segnaletica sul pavimento per raggiungere il proprio tavolo. E medici in sala per assicurarsi che la temperatura corporea dei clienti venga rilevata in modo corretto.

SENZA I TURISTI, IL DESTINO DEL CIBO PORTOGHESE NON È CHIARO

Da nessuna parte d’Europa il turismo ha avuto un ruolo tanto cruciale sulla ridefinizione della scena e delle fortune culinarie di un Paese come è successo negli ultimi anni in Portogallo. Prima del Covid-19 Lisbona e altre città lusitane erano finite nella lista dei 52 “posti da visitare” del New York Times nel 2017 e nel 2019 e la capitala insignita del World Travel Awards come miglior destinazione per tre anni di fila. “Una città in cui si apriva un ristorante nuovo ogni giorno”, dice José Avillez, l’uomo a capo di un impero di 18 ristoranti a Lisbona, incluso il noto Belcanto, “poi è arrivato il Covid”. E ora, scrive Rafael Tonon sulle colonne del sito Eater, l’enogastronomia portoghese potrebbe non tornare mai più quella di un tempo.

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