Direct-to-Consumer Food Brand, la via di accesso ai clienti connessi?

Non solo crisi: l'economia digitale sta aprendo nuove opportunità, tra cui quella portata dai Direct-to-Consumer Brand. Vediamo di cosa si tratta

Tempi di grandi trasformazioni, questi. Tempi per leggere il presente con gli occhi del futuro. Tempi per mostrare la propria empatia e la food passion ai clienti, indipendentemente dal social distancing e dai tanti altri limiti che abbiamo e avremo ancora da gestire.

DA CRISI, A OPPORTUNITÀ

E così, in piena crisi, c’è chi punta su dark e pop-up kitchen per andare in contro-tendenza e aprire un nuovo food service (non chiamiamolo più, per ora, away from home): parlo di Luca Guelfi con la sua Gastronomia di Quartiere in Via Archimede, a Milano. Tra le diverse cose di cui parlare di questo format, ci sono consegna (gestita direttamente dal locale) e politiche di prezzo (per ora, che garantiscono scontrini contenuti al cliente finale).

Proprio su consegna e politiche di prezzo si giocherà una buona fetta del fatturato dei player del foodservice dei prossimi mesi; ma andiamo con ordine. Due delle (poche) cose che sappiamo del dopo Coronavirus, sono che:

  • non ci sarà voglia, né probabilmente modo, di uscire. Si parla infatti di dimezzamento dei posti a sedere nei locali, per intenderci. Qualcosa che va nel verso esattamente opposto rispetto alle logiche economiche della maggior parte dei player del foodservice, che fanno delle economie di scala una leva per competere e prosperare.
  • ci saranno meno soldi nelle tasche dei possibili clienti. In 5 settimane, Covid-19 ha fatto quasi 26 milioni di disoccupati solo negli Stati Uniti, mentre in Italia le stime di disoccupazione si stanno allineando al 17%. Al di là dei numeri, ciò significa solo una cosa: meno soldi da spendere, o più parsimonia nello spenderli.

COSA SONO I DTC BRAND?

DTC, tre lettere che non significano molto ma un acronimo – quello di direct-to-consumer – che accostato a “brand” significa tantissimo. I direct-to-consumer brand sono quei business che decidono di guardare in faccia e parlare direttamente al cliente, senza intermediari fisici e/o commerciali. Aprono canali di conversazione, vendita e servizio diretti, ottenendo vantaggi in termini di fidelizzazione, raccolta dei dati di profilazione, empatia e brand love.

In settori come quello dell’abbigliamento e della cura della persona sono già un must, molto diffusi soprattutto nei mercati anglosassoni: parlo di Bonobos, Allbirds, Lola, The Honest Company, Glossier e tanti altri, di cui puoi trovare una prima lista nella figura sotto.

Un esempio innovativo nel mondo food è stato GialloZafferano, attraverso la sua skill di Amazon Alexa grazie a cui parlare direttamente e con la propria “voce” con chef e cuoche attraverso le ricette.

I DTC FOOD BRAND COME LEVA COMPETITIVA

Tra le principali soluzioni sempre più utili per non perdere ulteriori quote di fatturato in questo periodo di limitazioni e nell’immediato futuro, ci sono certamente le piattaforme di food delivery: dati alla mano, essere riescono a fare recuperare alle insegne aderenti il 25 – 30% di revenues a fronte di fee del 15% – 30%.

Uno “scambio” importante, che sempre più insegne stanno valutando e mettendo sul piatto. Anche perché, come ho scritto in precedenza, uno dei grandi valori – da preservare e fare crescere – nell’economia digitale sta nel dato. E le piattaforme digitali lo sanno bene: sono ricche di dati, continuamente raccolti e ottimizzati per essere venduti ai clienti B2B del foodservice in forma di reportistica, analitiche avanzate, nuovi servizi, dashboard.

Per tutti questi motivi, stanno nascendo – e saranno sempre più – Direct-to-Consumer Food Brand come la Bottega Online di Miscusi o il servizio di relazione e vendita diretta proposto da Mannarino. Con tutte quelle che sono le sfide – in termini di opportunità (pro) da cavalcare e di potenziali minacce da evitare o sfide da comprendere (cons / challenge), che provo a organizzare e riassumere di seguito.

Pro

  • gestione in prima persona dei dati dei clienti;
  • gestione in prima persona dell’esperienza offerta al cliente e delle interazioni con esso;
  • saving della fee rispetto allo scenario di collaborazione con le piattaforme di food delivery.

Cons / Challenge

  • struttura di costi diversa e da ri-valutare con attenzione, per evitare che non si traducano in scontrini proibitivi per i clienti finali;
  • aspetti gestionali e di logistica nuovi (penso come semplice esempio all’enorme picco registrato a Pasqua, che ha trovato impreparate molte insegne da poco sul mercato in modalità direct-to-consumer);
  • possibilità di fare a meno di partner del food delivery già ben consolidati anche sui mercati internazionali, posizionati con quote di mercato importanti e capaci di offrire servizi evoluti;
  • allinearsi fin da subito alle aspettative e alle attese molto alte dei clienti, ben abituati e “coccolati” dalle piattaforme digitali.
  • consolidare una cultura del dato e dei (digital) marketing analytics essenziale per avere il polso della situazione del business in tempo reale.

I DTC Food Brand potranno e dovranno dunque essere una delle possibili strade di sviluppo e ri-orientamento del business, almeno nei prossimi mesi.

Già tanti manager della ristorazione stanno valutando o si stanno muovendo in questa direzione: allora, quale sarà la tua prossima mossa?

Alberto Maestri

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