Intervista a Leopoldo Resta, Direttore Commerciale MyChef

Il Direttore Commerciale Italia di MyChef Ristorazione Commerciale Leopoldo Resta, ci svela la strategia, i punti di forza e gli obiettivi della società
Intervista a Leopoldo Resta, Direttore Commerciale MyChef

Com’è segmentato il vostro business in ambito travel?
Premettendo che per scelta non siamo presenti nei centri storici, dove domina la ristorazione a catena, partirei dagli aeroporti, settore in cui siamo leader di mercato: basti pensare a Malpensa e Linate, dove abbiamo circa l’80% della quota di mercato, o Fiumicino (30%). Con l’importante gara vinta nelle scorse settimane a Catania, attualmente siamo presenti in 14 aerostazioni. Nel passato recente, soprattutto il 2015 è stato per noi un anno d’oro: in vista di Expo, con un investimento di 15 milioni di euro abbiamo rinnovato completamente l’offerta di Malpensa. Senza contare i risultati di alcune location vincenti: dalla Risotteria di Davide Oldani, che ha servito 70.000 risotti a Casa Ferrarini, proprio di fronte all’albero della vita, top vendor di tutto l’Expo.

Come vi posizionate nel canale autostrade?
Siamo presenti in 20 aree di servizio con il nostro marchio ombrello MyChef. In questo ambito siamo molto selettivi e altrettanto prudenti. Anche se si tratta di un settore ricchissimo, in Italia vale un miliardo di euro, quello autostradale è un settore che ha sofferto molto, soprattutto tra il 2011 e il 2014, quando perse il 30% del giro d’affari e la benzina scese del 50%, al culmine della crisi economica. Le aree di servizio sono investimenti cospicui che, complice una struttura di costi fissi molto rigida, non hanno il ritorno economico che richiede una multinazionale. E così, anche se siamo riusciti a ottenere, grazie a un’efficace attività di lobbying, alcuni risultati concreti, abbiamo preferito mantenere un profilo “basso”. Restiamo comunque l’azienda che in Italia ha il più elevato profitto di tutto il mercato e non realizza punti vendita in perdita.

E le stazioni ferroviarie?
Fino a un anno fa era un mercato piuttosto chiuso, con i nostri maggiori competitor a fare la parte del leone. Mutato lo scenario, abbiamo spinto molto su questo canale e, dopo mesi di strenuo lavoro, abbiamo aperto tre punti vendita. I primi due a fine luglio a Roma Termini: al binario 1 un Caffè Vergnano (format sperimentato con grande soddisfazione a Fiumicino) e sulla Terrazza una Porchetteria Mancini, frutto della splendida partnership con questo piccolo produttore di Ariccia, che meritava di vedere il suo eccellente prodotto e il suo brand assurgere al rango di format. Una più recente apertura è stata, a ottobre, quella del Bar Peroni alla stazione di Bari.

Potete contare su un portafoglio di brand e format davvero ricco e diversificato: come lo gestite?
Se consideriamo che in Italia ci confrontiamo con player del calibro di Autogrill e Chef Express, per essere competitivi quella dell’innovazione e della diversificazione costante si è rivelata una scelta obbligata. Una strategia concretizzatasi nella differenziazione e nel rinnovamento dei brand, diventata nel tempo un vero cavallo di battaglia. Oggi suddividiamo i nostri marchi in tre segmenti, a cominciare da quelli di proprietà: sono brand forti, su cui investiamo molto per renderli attrattivi, belli, convincenti, rigorosamente non generalisti o “me-too”.

Ci può fare un esempio?
Citerei senza dubbio Briciole, aperto nel 2010 a Linate come prima vera e propria panetteria in aeroporto, la prima a vendere a peso, senza menu board e allora senza neppure la caffetteria a fianco. Oggi Briciole conta 25 punti vendita, di cui 18 in aeroporto e 7 in autostrada: un successo di cui siamo molto fieri.

Come si configurano gli altri due segmenti?
Abbiamo alcuni brand in franchising. Anche qui siamo molto selettivi: questo tipo di marchi, che riteniamo tutti di rilievo, deve arricchire il portafoglio senza prevalere sugli altri. Non importa il loro calibro: spaziamo da quelli globali come Mc Donald’s, di cui abbiamo il monopolio negli aeroporti del nostro Paese, a quelli italiani come Espressamente Illy e Panino Giusto, fino ai micro-franchising come Gelateria San Crispino, che non avrà il peso specifico del re del fast food, ma va trattato con la stessa identica considerazione. Secondo noi, infatti, in questo ambito vanno seguite due regole fondamentali: rispettare sempre le aspettative del cliente e, a monte, obbedire in maniera evangelica alle regole del franchisor. In altre parole, fare di testa propria – magari delistando dal menu qualche prodotto poco richiesto o non seguendo le indicazioni sulle temperature cui conservare i singoli gusti, nel caso di San Crispino, è un grave errore. Infine, ultima non per importanza, va sottolineata un’altra regola d’oro: le operations devono essere sempre, in ogni caso, eccellenti. E arriviamo infine alla “terza gamba”, per noi la più importante: quella dei brand in partnership.

Di cosa si tratta e perché li considera i più importanti?
Lo sono innanzitutto perché parliamo di format costruiti in toto da noi, con la collaborazione di marchi terzi, per cui sono quelli che richiedono più creatività, ma che ripagano spesso con le maggiori soddisfazioni. Per fare solo alcuni esempi, basti citare Caffè Vergnano, Bar Peroni e Ferrari Spazio Bollicine. La storia di quest’ultimo merita un approfondimento. Nel 2008 scade la concessione del mitico Frescobaldi wine bar di Fiumicino. Decidiamo di contattare Ferrari, brand high street di alto profilo, proponendogli di unire le forze per rendere unico il progetto, e vinciamo la gara. Nasce così il Ferrari Spazio Bollicine, oggi presente non solo allo scalo romano, dove supera i tre milioni di fatturato annuo (in soli 62 mq di superficie), ma anche a Linate e Malpensa. Un grande risultato al quale hanno contribuito Robilant & Associati per il progetto architettonico firmato da Roger Botti e lo chef Alfio Ghezzi, da quest’anno due stelle Michelin, che rinnova il menu a ogni cambio di stagione. Si tratta di un esempio di gestione virtuosa: Ferrari ci riconosce un contributo per la visibilità, investendo in un’operazione di marketing esperienziale; in questo modo, possiamo sostenere con l’aeroporto una royalty superiore. In ultima analisi, mentre spesso l’innovazione viene sperimentata nei centri storici, noi abbiamo vinto la scommessa di lanciarla in un canale competitivo come quello degli aeroporti.

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