L’altra faccia del caro prezzi negli aeroporti

Dietro al dibattito sui costi dell’offerta food&beverage in questi luoghi di viaggio, un’analisi dei reali oneri che gravano sugli operatori
L’altra faccia del caro prezzi negli aeroporti

Parafrasando la nota commedia shakespeariana, molto rumore per nulla. Nello specifico, nel corso delle ultime settimane si è alimentato un dibattito a mezzo stampa sulla presunta onerosità differenziale dell’offerta f&b aeroportuale rispetto al retail da strada, con un confronto a partire da beni di prima necessità, quale l’acqua minerale. Vero è che l’analisi portava in luce, in primo luogo, la condizione di price escalation in essere in alcuni aeroporti internazionali, piuttosto che nel contesto italiano. Tuttavia, nei fatti veniva passato al lettore un più avvolgente, per così dire, messaggio di sfruttamento eccessivo della ‘captivity commerciale’ del cliente in questi spazi, condizione che, a detta degli scriventi, portava ad un ingiustificato contesto di tariffazione rispetto allo scenario cittadino di riferimento.

Verità oppure mistificazione dello stato dell’arte? A parere di chi scrive, la questione dibattuta appare per lo meno affrontata in misura demagogica quanto risulta mal posta, a partire dall’analisi delle condizioni basiche di realizzazione. In questo senso, il nostro contributo punta invece a fornire una chiave di lettura più di natura industriale, a partire dall’esperienza pluriventennale dello scrivente in materia e sulla base delle reali condizioni di costo che un operatore food&beverage oggi sperimenta per l’erogazione dei suoi servizi in un luogo di viaggio.

I costi nascosti del f&b aeroportuale

In primo luogo, è bene ricordare come i landlord, vale a dire le società di gestione aeroportuale senza alcuna eccezione, applichino delle significative royalty sul fatturato generato dal singolo punto vendita, che nella realtà del f&b oscillano tra il 30 e 40%. A queste si sta progressivamente affiancando la richiesta di una upfront fee al momento dell’ingresso nel singolo aeroporto e dopo l’avvenuta selezione avvenuta secondo trattativa privata o attraverso bando di gara. In quest’ambito, poi, devono essere fatti rientrare anche i costi di progettazione e realizzazione della nuova installazione presso il luogo di viaggio da parte dell’operatore in questione, la cui quantificazione cuba, comunque, alcune decine di migliaia di euro.

A seguire, sono da annoverare importanti costi per la logistica di accesso del personale e delle merci presso il luogo di viaggio, con particolare rilevanza per il caso dell’aeroporto. Si fa qui riferimento ai vari corsi di formazione ed ai tesserini che i vari enti di governo di sistema richiedono per allineare tutti gli attori aeroportuali alle necessarie procedure di safety e security, nonché per lo screening dei profili dei candidati ad operare presso lo scalo. In questo caso, peraltro, oltre all’onere è bene qui ricordare anche la tempistica non breve che contraddistingue questi processi, considerando peraltro che ogni aeroporto ha le sue regole e condotte e dunque non vi è possibilità per lo stesso di ottenere alcuna economia di costo e di gestione. Nel caso dell’aeroporto vi è, ancora, la problematica legata all’accesso nel sito delle merci e dei prodotti, condizioni ulteriormente complesse nel caso di aree sterili ed extra-doganali.

In terzo luogo, non bisogna poi dimenticare i turni di servizio per l’erogazione dell’attività, che sono sempre estesi lungo gran parte della giornata, a differenza di quanto avviene per il centro città. Questa circostanza richiede un numero addizionale di personale per la copertura di tutti i turni, oltre che la previsione di soluzioni di backup nel caso di malattia o indisposizione a tutela della garanzia di mantenimento in attività del punto vendita.

Detto questo, appare naturale pensare che il singolo attore del f&b, legittimamente alla ricerca del conseguimento di profitto dalla sua attività in loco, giunga a scaricare questo delta addizionale di costi rispetto ad un operatore cittadino al viaggiatore. Nulla di strano, ma forse molto di quanto raccontato in queste righe non era tanto noto non solo al consumatore, ma anche allo stesso operatore prospect del contesto aeroportuale, per non dire del giornalista…

– David Jarach, Executive Chairman diciottofebbraio

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