Bubble tea crescita record: in Italia più 47% il fatturato 2022

Lo studio di Growth Capital sulla bevanda con le “perle” Gdo e produzione locale: ecco i volani per la crescita
Bubble tea crescita record: in Italia più 47% il fatturato 2022

Il bubble tea, la bevanda con le “perle” nata a Taiwan negli anni Ottanta, è sempre di più al centro delle preferenze del pubblico, specie quello dei giovani. A testimoniarlo sono i numeri dell’ultimo rapporto sul mercato realizzato da Growth Capital, secondo cui le “boba” hanno raggiunto nel 2022 un giro d’affari mondiale pari a 2,75 miliardi di dollari, in crescita dell’1,9% rispetto all’anno precedente, con prospettive di sviluppo da qui al 2030 con un Cagr del 9%.

La fetta più ampia è ancora oggi saldamente in mano ai paesi dell’Asia-Pacifico, con un market share del 40%, seguiti dagli Usa, 35%, e dell’Europa che, nonostante denoti ancora oggi un certo ritardo sul prodotto, sta mostrando evidenti segnali si sviluppo, avendo raggiunto un market share dell’11%. Ad aprire i primi canali di importazione nel nostro continente è stato il Regno Unito – che nel 2022 ha messo a segno risultati nel comparto per 300 milioni di sterline – a cui hanno fatto seguito gli altri Paesi, tra cui anche l’Italia.

L’aspetto probabilmente più interessante dell’Europa, come scrivono gli esperti della società nella loro analisi, è che «considerando il suo stato ancora embrionale sul tema, si attesta come uno dei mercati con il più alto tasso di crescita potenziale. Inoltre – aggiungono – non è ancora presente un chiaro leader di riferimento, lasciando grande spazio per l’espansione di catene europee».

Il contesto in Italia

E l’Italia? Nel Bel Paese la bevanda sta mostrando tassi di crescita davvero rilevanti, più 47% nel solo 2022 in raffronto al 2021. Uno sviluppo che ha permesso al bubble tea “made in Italy” di raggiungere oggi un fatturato nazionale pari a 42 milioni di euro e un Cagr 2022-2027 stimato del 18%.

Parlando di store, al 31 marzo 2023 l’advisor specializzato in aumenti di capitale e operazioni di finanza straordinaria per startup e Pmi ne ha censiti 236 sparsi tra le 30 principali città italiane, con una crescita del 51% rispetto ai valori al 31 dicembre 2021. Un aumento tutt’altro che di secondo piano, guidato in larga parte dalle città di provincia, dove il bubble tea è arrivato sì in ritardo rispetto alle grandi realtà come Milano e Roma, ma dove la percentuale di ascesa si è attestata solo l’anno scorso al più 83%.

Nonostante ciò, il panorama imprenditoriale attorno a questo prodotto permane ancora oggi piuttosto frammentato, con tre catene principali che fanno leva sul brand per espandersi (sono Bobble bobble, Frankly e Mistertea) e altri più piccoli che stanno provando ad emergere, coma la ravennate Seng Corporation e il suo marchio MasterBools.

Prospettive future

Ecco allora che le prospettive, in un contesto come quello delineato, si potrebbero sostanziare lungo tre direttrici. «La prima – sostengono gli esperti di Growht Capital – riguarda l’inserimento del bubble tea come prodotto ancillare in esercizi commerciali non verticali come yogurterie, cokerie e nella GDO; la seconda attiene alla produzione interna di popping boba per mitigare l’aumento dei prezzi di importazione da Taiwan; mentre la terza si trova nella possibilità per una catena di affermarsi come leader nel mercato europeo», la cui attrattività, lo dicono i fatti, è testimoniata dall’ingresso di catene asiatiche, che tuttavia rimangono, per ora, ancora penalizzate dalla diversità dei gusti europei rispetto a quelli asiatici.

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