Health warning in Irlanda, mondo del vino in rivolta

Dublino adotta un'etichetta che equipara, di fatto, gli alcolici al tabacco. Le associazioni insorgono e c'è chi preferisce abbandonare il mercato irlandese piuttosto che accettare di apporre l'allarme-salute sulle proprie bottiglie
Health warning in Irlanda, mondo del vino in rivolta

“Attenzione, bere alcol aumenta il rischio di sviluppare tumori”. Questa è la scritta che potrebbe apparire sulle bottiglie di vino (e alcoliche in generale) in Irlanda e da qui, se l’esempio di Dublino dovesse essere seguito da altri, in diverse altre nazioni europee.

Tutto nasce dall’applicazione del Public Health Alcohol Labelling Regulations, con il quale già la scorsa estate il governo irlandese aveva manifestato l’intenzione di inserire indicazioni relative al cancro, alle donne in gravidanza e alle malattie del fegato nell’etichettatura e presentazione delle bevande alcoliche. Da quel momento, la Commissione Ue ha avuto tempo fino al 22 settembre per presentare le proprie obiezioni, e non è stato fatto nulla nonostante i pareri contrari di Italia, Francia e Spagna e altri sei Paesi Ue, e nonostante la vittoria delle nazioni più “morbide” al Parlamento europeo nella votazione sul Cancer plan.

A fine dicembre è scaduto il periodo di moratoria e ora l’Irlanda potrà inserire liberamente l’etichetta. Lo farà davvero? Ancora non è deciso, perché anche all’interno del Paese dei trifogli non mancano le resistenze (l’Irlanda è un produttore di birra e spirits), ma questo fatto crea un precedente fortemente pericoloso.

UNA MODALITA’ DISCRIMINATORIA

La levata di scudi è stata generale, partendo dal mondo del vino.

Una normativa unilaterale, discriminatoria e sproporzionata”, ha commentato Micaela Pallini, Presidente di Federvini, associazione confindustriale del comparto vini, spirits e aceti. “Un sistema unilaterale – ha continuato Pallini – che spacca il mercato unico europeo, una modalità discriminatoria perché non distingue tra abuso e consumo e criminalizza prodotti della nostra civiltà mediterranea senza apportare misurabili ed effettivi benefici nella lotta contro il consumo irresponsabile. Chiediamo che il Governo italiano si attivi quanto prima per studiare ogni azione possibile, nessuna esclusa, per osteggiare una norma che contrasta con il buon senso e la realtà”.

Da Uiv-Unione italiana vini la posizione è analoga: “Il silenzio assenso di Bruxelles a Dublino relativo alle avvertenze sanitarie in etichetta per gli alcolici rappresenta una pericolosa fuga in avanti da parte di un Paese membro. Secondo Uiv, il mancato intervento della Commissione europea mette a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario e segna un precedente estremamente pericoloso in tema di etichettatura di messaggi allarmistici sul consumo di vino”, ha affermato il presidente Lamberto Frescobaldi, il quale teme che la Direzione generale per la Salute voglia adottare nei prossimi mesi questo approccio a livello europeo lasciando nel frattempo libera iniziativa ai singoli Paesi membri, al fine di sdoganare sistemi adottati senza un previo dibattito pubblico a livello europeo. “I fatti di oggi – ha concluso Frescobaldi – segnano uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea che purtroppo non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro”.

14 MILIARDI A RISCHIO

Il via libera dell’Unione Europea alle etichette allarmistiche sul vino è un attacco diretto all’Italia, principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato di cui più della metà all’estero”. Ad affermarlo è la Coldiretti, precisando che il pericoloso precedente rischia di aprire le porte a una normativa che metterebbe a rischio una filiera che in Italia dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro, principale voce dell’export agroalimentare.

È  del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici, tipico dei Paesi nordici, al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino, diventato in Italia l’emblema di uno stile di vita attento all’equilibrio psico-fisico, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol”, ha affermato il presidente Ettore Prandini.

BLOCCO DELLE VENDITE IN IRLANDA?

Tra i produttori di vino c’è delusione e voglia di combattere contro il provvedimento. La posizione più drastica è quella espressa da Martino Manetti, proprietario di Montevertine, il quale ha dichiarato al Corriere Fiorentino, intervistato da Aldo Fiordelli: “Piuttosto che scrivere sulle etichette che il vino nuoce alla salute, rinuncio al mercato irlandese”. E ha aggiunto: “Frasi come quelle dei pacchetti di sigarette sui miei vini non le scriverò mai”.

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