Gastronomia, dispensa, macelleria di mare e qualcosa in più. Ha aperto a Catania il nuovo format Angiò, un paradiso per gli amanti del pesce che si propone di diventare “il tempio sacro delle pratiche sostenibili di pesca, trasformazione e consumo del pesce”.
Un progetto ambizioso, frutto della visione del catanese Alberto Angiolucci, rientrato dopo esperienze diverse in importanti cucine in Italia e all’estero, che ha scelto di dare vita a qualcosa di nuovo in collaborazione con gli artigiani locali per difendere pratiche di pesca destinate a scomparire.
le storie di uomini e donne che del pesce e del mare ne hanno fatto la propria vita.
SALUMI DI MARE E PIATTI PRONTI
Un menù da asporto – che si divide in Dispensa e Gastronomia – porta in evidenza materie prime e prodotti studiati con gli artigiani con cui Angiò collabora, ovvero salsicce e salumi di mare, come la mortadella di polpo, il lardo di totano, il chorizo di pagro con paprika di produzione propria, il pesce spada frollato in cera d’api o la salsiccia di san Pietro con tenerumi e nocciole siciliane. D’altro canto, propone piatti preparati piuttosto ricercati come la schiacciata in versione marina o il Wellington di rana pescatrice alla carruba, ripieno di patate, cipolla rossa e menta.
Prodotti della tradizione e creazioni contemporanee, influenzate dal bagaglio che Angiolucci ha acquisito negli anni al Mudec di Enrico Bartolini, da Mariencò e Motelombroso a Milano e in Sicilia nelle cucine di Shalai e al fianco della chef Bianca Celano.
MATERIA PRIMA LOCALE
Fil rouge della filosofia di Angiò la provenienza della materia prima, esclusivamente locale, così come la stagionalità del pesce e tecniche di preparazione – cottura e stagionatura – che allungano la shelf-life del prodotto, con l’intento di evitare qualsiasi tipo di spreco.
Non si tratta di una petizione di principio. “La nostra materia prima viene direttamente dai pescatori, con una fornitura dal mercato del pesce di Catania e quello di Aci Trezza”, assicura Angiolucci. E aggiunge di non avere alcuna intenzione di scendere a compromessi. “Noi utilizziamo esclusivamente prodotti locali e seguiamo la stagionalità. In base a quello che il mercato offre. Questo comporta una variabilità frequente relativamente alla tipologia di pesce disponibile. Il nostro approccio è quello di creare più lavorazioni possibili sul prodotto stesso”.
Eppure, attualmente risulta sempre più difficile reperire materia prima italiana e di alta qualità sul mercato. “I prezzi del pesce proveniente dall’estero – chiosa lo chef – e quello di allevamento sono più competitivi rispetto ai prodotti ittici del mercato nazionale e pescati. Questo perché i nostri pescatori sono poco tutelati e sostenuti da incentivi che gli permettano di puntare su una pesca locale e sostenibile, restando competitivi sul mercato”.
Come si costruisce dunque un’offerta che sia allo stesso tempo originale e vicina al territorio? “È un fatto di scelta – replica Angiolucci – declinata non solo sulla selezione del pesce, ma anche per i prodotti della nostra bottega. Un’offerta originale e vicina al territorio credo si possa costruire e ottenere affiancando tecniche internazionali e innovative a materie prime locali. Questo genera prodotti originali e vicini al bagaglio culturale del territorio”.
QUALITÀ ESSENZIALE, PESCE A RISCHIO
L’obiettivo esplicito di Angiò è raccontare un territorio attraverso i suoi produttori e artigiani, senza stravolgerlo. “La selezione che facciamo – rimarca Angiolucci – è prevalentemente relativa alla provenienza del prodotto, tramite i pescatori scegliamo direttamente il prodotto che vogliamo trattare e il trattamento è esclusivamente locale”. E allora lo storytelling, in senso non banale, è essenziale. “Per noi è fondamentale il racconto della premura che abbiamo nell’approvvigionamento dei prodotti ittici e non solo. Oggi, il cliente è più consapevole alla provenienza e alla qualità di quello che mangia. Il dialogo è per noi fondamentale, raccontare è la nostra filosofia”.
La selezione del prodotto mira a portare in tavola il livello di qualità essenziale. “Ritengo che la ristorazione per come la conosciamo oggi – replica lo chef – dovrebbe lavorare anche in base alla disponibilità e salubrità del prodotto. È necessario cambiare il punto di vista. Ad esempio, tramite la frollatura è possibile evitare scarti, anche attraverso la tecnica del quinto quarto“.
Allora forse è a rischio la qualità della ristorazione di pesce in Italia, facendolo diventare un superlusso. “Ritengo che sia a rischio – commenta Angiolucci – nel momento in cui la pesca di qualità ha abbassato talmente la quantità di prodotti che il costo è in continua crescita. Dovremmo spostarci anche su altre tipologie di pesce, pesce azzurro, pesci di piccola taglia, pesci meno noti. Nelle nostre tavole incontriamo spesso gli stessi pesci. Ci sono tanti altri pesci che molti non conoscono a livello gastronomico e gustativo. È anche nostro compito far conoscere altri prodotti rispetto a tonno, salmone, pesce spada. Prodotti che quando sono in stagione è giusto trattare e lavorare”.