L’EVO del cocktail, tra territorio e mixology fatta di sensazioni

I bartender di mezza Italia valorizzano le cultivar regionali e giocano sulla tattilità dell’ingrediente olio. Innovazione è la parola chiave
L’EVO del cocktail, tra territorio e mixology fatta di sensazioni

L’EVO continua ad emergere come ingrediente seducente per la mixology. E che vada oltre la moda lo confermano le drink list di molti e molte bartender, nelle quali l’olio italiano per eccellenza fa bella mostra citato e valorizzato.

Il Madre Martini di Sabina Yausheva

Il nome è un twist esso stesso. Il Madre Martini firmato da Sabina Yausheva, bar manager del DRY Milano e pluripremiata alchimista del bancone, è una rivisitazione del classico Martini che trova la propria identità peculiare nella presenza tra gli ingredienti di olio extra vergine di oliva.

“L’olio EVO – ha delle caratteristiche che possono apportare al drink quel tocco in più che difficilmente lo si riesce a riscontrare nei distillati o similari. Proprio per questo va utilizzato con parsimonia e bilanciato al meglio”, spiega la bartender.

L’apporto nella mixology non è scontato. “Ha una sua densità – aggiunge Yausheva – ma soprattutto sapore che sa avvolgere e racchiudere più sensi. Si sposa bene con determinati spirits e dona al drink una peculiarità più unica che rara”.

Cresciuta nel Lazio, la manager ha conosciuto un produttore della zona di Fara in Sabina e dunque per i suoi cocktail utilizza l’olio Sabina Dop della famiglia Petrucci.

“Hanno prodotti veramente eccezionali – rivela– La loro passione per l’azienda e per il prodotto che mettono in commercio è tangibile”.

Nel Madre Martini si scopre un assemblaggio di sapori ispirati alla terra come il pomodoro, i fiori del liquore St. Germain, le botanicals del London Dry Gin. “La ricerca – conclude Yausheva – è la base dell’innovazione. Quando si vuole creare una nuova ricetta parte tutto dalla ricerca: quale distillato utilizzare, la materia prima che fa da base, reperibilità, stagionalità, target da raggiungere… Insomma, è una ricerca a 360 gradi per riuscire ad arrivare ad una ricetta che sappia centrare l’obiettivo”.

Campania nel frantoio

L’utilizzo dell’olio extravergine di oliva è stato un bel modo per twistare un Dirty Martini – osserva Renato Pinfildi, bar manager e sommelier Le Cafè du Monde di Caserta – ma di per sé è un ingrediente come tutti quelli che si hanno a disposizione. Cambia in base alla cultivar e alla tipologia di lavorazione delle olive, portando nei cocktail porta piccantezza o amarosticità e una nota vegetale. Senza dimenticare la texture, ossia la sensazione tattile che rende il drink avvolgente, smorzando alcune spigolosità tattili”.

Pinfildi lo usa in gocce, sia mono-cultivar che blend-cultivar, “alle volte però lo aromatizzo con aglio, paprica o altre spezie a seconda del drink che voglio proporre ai miei ospiti”.

Utilizza EVO irpino di Tenuta Cavalier Pepe o artigianale di olive Caiatine da un piccolo frantoio di Caiazzo, “scelgo di utilizzare prodotti della mia regione per rispettare una tradizione di famiglia che inizia da mio nonno pasticcere”.

Territorio e aromi

L’EVO è un prodotto importante e salutare e ha delle belle aromaticità – afferma Angelo De Valeri, bar manager all’Aventina Wine Bar di Roma – e porta con sé i valori di storia, cultura, ricerca, colore, originalità, gusto anche nel food pairing”.

Il professionista utilizza EVO del Lazio, in particolare della Sabina con la cultivar Carboncella che riporta ad aromi di vegetale come il carciofo. “Lo utilizzo su metà bordo del bicchiere con del sale, tre gocce sul Martini, ma la sfida è scegliere il gin giusto”, aggiunge.

Gioele Lizzeri del Bistrò del Borgo ha scelto di lavorare con l’olio EVO perché crede nella territorialità. “Nella mia lista drink – spiega – sono presenti prodotti che rappresentano la Valpolicella e il lago di Garda, tra cui l’EVO gardesano che apporta una texture differente, inoltre abbinato a uno spirits come il gin ne esalta le note più mediterranee. Utilizzo olio di un piccolo frantoio di Torri del Benaco perché lavora l’oliva con metodo naturale, seguendo la linea di pensiero che puoi ritrovare negli altri prodotti del nostro locale”.

“Abbiamo deciso di usare olio EVO perché può portare texture all’interno del cocktail e quindi, oltre a giocare con il senso del gusto riusciamo a vedere la lingua in tre dimensioni e quindi concentrarci anche sul tatto”, chiarisce Mattia Pastori, mixologist alla guida di Nonsolococktails.

Pastori utilizza EVO proveniente da tutta Italia: da quelli più morbidi  del lago di Garda a quelli più piccanti e pungenti del sud a quelli liguri (come il fruttato del Frantoio Sant’Agata). Con l’olio ha proposto la ricetta Evo Dry Spritz a base di Asahi Super Dry e aria (emulsione di rosolio, olio, zucchero).

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