Sette trend per ridisegnare il mondo del food nel 2022

Tecnologie labour-saving, menu più snelli, prezzi (e margini) più alti per il delivery e ritorno delle food-hall. Ma non solo. Quali sono le tendenze internazionali del settore nell’anno appena iniziato
Sette trend per ridisegnare il mondo del food nel 2022

Riduzione dei menu, sempre maggiori investimenti nell’automazione dei processi e, sullo sfondo, il complesso bilanciamento tra la difficoltà di gestire il personale e la crescita della domanda di proposte off-premise. Sono questi, a detta degli analisti intervistati da Restaurant Dive, i principali trend di sviluppo del mondo del food nel 2022 .

Un anno che si prospetta come ricco di sfide, ma anche di opportunità: l’instabilità che permane in un mercato ancora influenzato dalla pandemia spingerà gli operatori a cercare di contenere i costi puntando su menu più essenziali e sull’investimento in tecnologie per il risparmio di manodopera, così da liberare fondi per concedere i richiesti aumenti salariali.

I ristoranti esploreranno anche opzioni di delivery alternative all’uso delle costose partnership con terze parti e aumenteranno i prezzi del servizio di consegna per rendere il canale più redditizio, poiché la domanda per l’off premise rimane costante.

1. INVESTIMENTI IN TECNOLOGIE LABOUR-SAVING

Sempre più operatori investiranno in tecnologie in grado di renderli meno dipendenti dal personale, di minimizzare i costi e di massimizzare i punti di efficienza di un ristorante. Secondo il “Global State of the Hospitality Industry” report di Lightspeed, metà degli operatori americani ha dichiarato di avere intenzione di adottare processi automatizzati, entro due-tre anni.

Il 41% dichiara di avere uno staff sottodimensionato e l’87% ha indicato la tecnologia come l’unico asset che ha permesso la sopravvivenza del business  durante i mesi più bui della pandemia. Anche se, al momento, i compiti svolti tramite processi automatizzati spesso non vanno oltre il semplice back office, come il lavaggio delle stoviglie.

Jim Balis, direttore delle operazioni strategiche del fondo di private equity specializzato nel food Capital Springs, osserva: “I robot non si ammalano, non hanno bisogno di ferie, non arrivano in ritardo. Ne prevedo un impiego sempre più ampio, per esempio nella preparazione di smoothie, caffè solubili, insalate. E in tutte le possibili versioni di automazione voce da utilizzare nei drive-thru, anche per stimolare acquisti complementari”. 

2. MENU SEMPRE PIÙ RIDOTTI ALL’OSSO

Problemi nell’approvvigionamento, aumento del costo delle materie prime e assenza di personale impattano sul mondo dei ristoranti, costringendo a un ripensamento delle referenze presenti in menu.

Già nel terzo quarter del 2021 i ristoranti erano arrivati a offrire il 10% in meno della proposta pre pandemia e il trend è destinato a continuare, coinvolgendo anche la semplificazione dei processi di preparazione, perché impattino il meno possibile sull’efficienza delle cucine. 

Qualche numero più preciso, sul tema, arriva dalla DoorDash Mainstreet Strong Conference dello scorso ottobre: 8 ristoranti su 10 che offrono il servizio al tavolo hanno ridotto la propria proposta, con 7 su 10 fast food ad aver fatto lo stesso. 

3. PIÙ PROPOSTE PLANT-BASED

McDonald’s, Starbucks, KFC sono solo alcune delle catene che nel 2021 hanno investito con decisione sulle alternative meat-free. E i riscontri sono stati più che positivi.

Peter Saleh, managing director e restaurant analyst di BTIG, ha stimato che sono già oltre 500 i sandwich plant-based venduti ogni settimana mediamente in un McDonald’s, circa 70 al giorno contro una stima iniziale di non più di 25. 

4. SOLUZIONE PER L’EMORRAGIA DI PERSONALE

C’è da aspettarsi che i problemi legati alla gestione del personale che affliggono l’industria della ristorazione continuino nel 2022, con conseguenze importanti sul livello di professionalità medio degli operatori. Secondo i dati dell’U.S. Bureau of Labor Statistics, chi lavora nel settore continua a guadagnare troppo poco, specie se si compara la paga media oraria – 16 dollari – alla decisa ripresa dei fatturati delle imprese. L’interesse sempre più basso per le posizioni lavorative aperte, insieme all’alto tasso di abbandono, costringeranno i titolari delle insegne ad aumentare gli stipendi medi, per attirare i talenti che non sono disposti a lavorare al salario minimo prevalente tipico del settore ristorazione.

Per richiamare manodopera competente e di valore i brand del settore non potranno prescindere dal migliorare le metriche di soddisfazione dei dipendenti, come l’equilibrio vita-lavoro o la tutela sanitaria in caso da infezione da Covid-19, sostengono gli esperti. Che avvertono: “Le sirene del catering e delle formule che offrono un rischio minore e salari più alti suonano in modo sempre più deciso”.

Infine, per arginare l’emorragia di lavoratori – circa 750.000 dipendenti in meno hanno lavorato nel foodservice nel novembre 2021 rispetto al febbraio 2020, secondo i dati BLS –  per Cristin O’Hara, amministratore delegato della Bank of America, “la migliore speranza del settore potrebbe essere il reclutamento e il mantenimento dei lavoratori più giovani, offrendo loro la possibilità di salire di livello. Abbiamo un gran bisogno di assistenti manager, coordinatori regionali e supervisori di qualsiasi tipo. Bisogna riuscire a creare un percorso che ci permetta di costruire e coltivare talenti”.

5. FOOD HALL NEGLI SPAZI COMMERCIALI ABBANDONATI

Anche prima della pandemia, le food hall erano molto popolari tra i più giovani: cibo di qualità a un prezzo accessibile e un’esperienza di socialità di valore, secondo un rapporto di Cushman & Wakefield fanno la differenza. 

Sebbene la crisi del Covid-19 abbia bloccato l’attività di ristorazione negli ultimi due anni, l’interesse degli sviluppatori è in ripresa. E il real estate sta offre nuove opportunità. 

E in più, sempre secondo i trend di quella che è una delle maggiori società private del mercato immobiliare mondiale, le food hall hanno mostrato una resilienza maggiore a quella delle altre categorie di retailer, col 75% delle strutture che è stato in grado di rimanere aperto durante la pandemia, spesso sfruttando il modello di ghost kitchen. 

Diverse insegne stanno ora progettando grandi food hall che riuniscono diversi tipi di cucina, come il cibo francese o vegano, sfruttando la disponibilità di immobili con canoni di affitto più competitivi di quelle mai raggiunte in questi ultimi anni.

6. DELIVERY TRA NUOVI MODELLI E PREZZI IN AUMENTO

Con il ritorno alla ristorazione a pieno servizio, gli operatori che durante il 2020 e 2021 hanno investito sul delivery rivaluteranno la loro strategia futura sul canale delivery. L’obiettivo è – entro 12-24 mesi – esaminare quali trend commerciali sono redditizi: su un piatto della bilancia l’indispensabilità del servizio, sull’altro gli esili margini garantiti dalle partnership con le piattaforme specializzate.

E per alcuni operatori la ridefinizione strategica potrebbe significare ancora una volta aumento dei prezzi del food at home, una completa o parziale gestione diretta degli ordini o la spinta dell’opzione asporto invece della consegna di terze parti.

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7. ADDIO ALL’ASPORTO POCO CURATO: SPAZIO AI LOCKER

E a proposito di asporto sembra finito il tempo per le aree di ritiro del cibo allestite in modo approssimativo: sempre più operatori opteranno per locker o spazi deputati, che garantiscono anche una gestione delle operazioni più rapida. Ma assicurare catena del freddo e conservazione ottimale del cibo non è semplice. 

Il fatto che la domanda off-premise rimanga stabile, inoltre, determinerà un’espansione della presenza delle insegne sulle piattaforme on line e sulle modalità di ritiro del cibo in autonomia: caso classico, il raddoppio delle corsie drive-thru, comprese quelle dedicate al ritiro degli ordini digitali.

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