Per una filiera virtuosa ed etica: parla Carlo Petrini

Il fondatore di Slow Food ci racconta la sua idea di sostenibilità
Per una filiera virtuosa ed etica: parla Carlo Petrini

Per Carlo Petrini sostenibilità è…

L’agricoltura, secondo Slow Food, deve reggere su tre pilastri: rispetto della terra, tutela dei lavoratori e benessere animale. Se manca uno solo di questi elementi viene meno la sostenibilità. Il modo di condurre la terra che risponde a queste tre pilastri è l’agroecologia, che fonde scienza, pratica e movimento sociale, coniuga rispetto per l’ambiente, benessere animale e diritti delle persone, dal raccoglitore al consumatore“.

In 35 anni di attività come sono cambiati l’approccio alle tematiche della sostenibilità in Italia e l’azione di Slow Food?

“Se si vuole giudicare la sostenibilità dei prodotti alimentari, bisogna conoscere le conseguenze ecologiche che comportano le azioni svolte nel passaggio dal campo alla tavola. Da qui siamo partiti. La responsabilità in merito a ciò che è sostenibile è condivisa da tutti: l’agricoltore, il trasformatore, i politici e i cittadini che possono orientare la produzione con le loro scelte d’acquisto. Si tratta di situazioni che sono state sempre presenti nel nostro agire, ma sono mutate le azioni per renderle patrimonio comune“.

Rapporti tra Horeca e imprese sostenibili: Slow Food ha un ruolo attivo nell’equazione?

La rete di Slow Food è attivissima per creare alleanze fra produttori, ristoratori, albergatori e tutte le piccole imprese del settore al fine di ridare al cibo quel valore che spesso si perde proprio in questi luoghi. Pensiamo a un hotel che serve pro- dotti da forno con farine locali o latticini che arrivano da pochi chilometri: oltre a non offrire una colazione anonima, contribuisce allo sviluppo dell’economia locale. Non va dimenticato, inoltre, che la cuci- na italiana è grande anche grazie a produttori di piccola scala. Quindi un dialogo stretto e rispettoso non può che far bene all’Horeca e ai produttori di prossimità“.

Slow Food ha fatto suoi i 17 SDGs dell’Agenda 2030: quali sono le azioni messe in atto per agevolare il raggiungimento di tali obiettivi?

“Le azioni in ambito agroalimenta- re, se concepite in maniera sistemica, così come proviamo a fare in Slow Food e all’Università di Scienze Gastronomiche, hanno la potenzialità di coinvolgere ambiente, società ed economia e così facendo di impattare su tutti e 17 gli obiettivi. Il cibo ha a che fare con ognuno di essi. Per cui lavo- riamo su tre strategie: salvaguardia della biodiversità (Arca del Gusto, presidi ecc..), educazione e proposta politica in coalizione con altri attori della società civile“.

In Italia le istituzioni sostengono la produzione di cibo “buono, pulito e giusto”?

Sia a livello nazionale che europeo qualcosa sta cambiando, anche se la strada è ancora lunga. Mi è capita- to più sovente di osservare azioni efficaci da parte della società civile o degli stessi produttori, piuttosto che norme dettate dall’alto. Basti pensare che in Italia proposte di legge come quella sul consumo del suolo o sul bio sono ferme da anni, e non esiste una regolamentazione puntuale sull’uso dei pesticidi. La Commissione Europea ha pre- sentato, a fine 2019, il Green Deal Europeo, una strategia finalizzata a rendere sostenibile l’economia dell’Ue, che si basa su due importanti pilastri: Farm to Fork e Biodiversità per il 2030“.

Che impatto ha avuto il Covid-19 su produttori e agricoltori sostenibili?

Devastante, perché lo sbocco principale, per molti di loro, sono proprio i ristoranti rimasti chiusi a lungo. Dunque sarà sempre più fondamentale rafforzare le alleanze fra aziende virtuose e Horeca, e attivare nuovi sistemi per garantire la vendita diretta ai cittadini“.

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