Nuovi menu, ritornano i grandi classici

Eliminare senza rimpianti le referenze che girano poco, per dare spazio ai piatti tradizionali, il cui ritorno viene chiesto a gran voce sui social
Nuovi menu, ritornano i grandi classici

A lungo costretti a rivolgersi altrove, vista la chiusura forzata dei negozi fisici, Millennials e Generazione Z si sono trovati a scegliere il contatto virtuale con le insegne più amate. Ed è in questo solco di nuove abitudini, in parte destinate a perdurare anche in questo lento ritorno alla normalità, che si inserisce ancora una volta l’approccio Unified. Una visione d’insieme che, tramite un sistema integrato di raccolta e interpretazione dei dati sulle abitudini di consumo, permette di adattare assortimenti, menu e proposte alle richieste reali e si rivela più puntuale ed efficiente del classico approccio omnichannel.

Grazie a una sola piattaforma di raccolta dati, il gestore sa quale piatto piace di più a chi ordina via app, quali sono le preferenze di chi sceglie il delivery o l’asporto, che modifiche chiedono i clienti alle ricette base, cosa vorrebbero venisse aggiunto al menu, con che sentiment medio si parla dell’insegna sui social.

L’ASSORTIMENTO? LO FA IL CLIENTE

È facile intuire quanto positive possano essere le conseguenze di una gestione organizzata su dati più certi e puntuali, sia sul fronte economico sia su quello della costruzione di una relazione personalizzata con i clienti. Partiamo dal primo: via agli sprechi, stop alle inefficienze. Inutile tenere in carta (e nei frigoriferi) ingredienti per comporre piatti che non hanno una richiesta sufficiente a giustificarne la presenza. Sembra definitivamente tramontata la tendenza a dover presidiare ogni singola nicchia di consumo: una volta che si è coperta l’offerta più popolare, l’alternativa vegana o vegetariana e una proposta per bambini, la maggior parte degli operatori può ragionevolmente ritenere di avere presidiato i segmenti principali.

Il resto, ovvero il secondo elemento che mixa fidelizzazione e costruzione di passaparola virale soprattutto tramite i social, va gestito con attenzione e con una grande conoscenza dei nuovi mezzi di comunicazione. Due esempi: Kinder ha deciso di rimettere in commercio, per ora in versione limited per l’estate 2021, Happy Hippo, prodotto amatissimo ma ritenuto non in grado di reggere al meglio le temperature estive. Come mai questo cambio di marcia? Sono stati i consumatori a subissare, via social, l’azienda di richieste in questo senso. E alla fine sono stati esauditi. Come accaduto agli oltre 56 mila fan della pagina dedicata a Winner Taco, gelato biscotto reso celebre da Algida negli anni ’90, riproposto a una folla nostalgica nel 2015.

SHOPPING SODDISFACENTE IN OGNI CANALE

L’analisi dei dati, ed eventuali provvedimenti sulla relazione del cliente con l’offerta, va eseguita in ogni canale. Il comportamento nei negozi e nei ristoranti, per esempio, sarà direttamente collegato ai profili delle persone e permetterà di ridefinire menu e posizionamento: tramite wi fi, sensori, tag Rfid i gestori identificano le aree di alta frequentazione all’interno del locale, i piatti non finiti, i tempi di attesa e la durata media dell’esperienza.

Fino alla nuova frontiera: niente più liste di clienti a cui mandare mail personalizzate, niente più carte fedeltà, ma una “visione artificiale”. Il riconoscimento facciale è la strada più interessante per identificare volti e prodotti/piatti: la startup canadese Retail Deep posiziona telecamere nei ristoranti, dotate di AI, che inviano notifiche pertinenti al personale quando arrivano clienti noti. E negli Stati Uniti riscuote successo il progetto InHome di WalMart. Con il consenso del cliente, spesa e piatti pronti possono essere portati direttamente in casa e sistemati in frigorifero. A quel punto si installa, tra insegna e cliente, un dialogo virtuale che suggerisce – in base a date di scadenza e stime di consumo – quando è il momento di fare un nuovo ordine.

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