Dall’Irlanda agli Usa, la ripresa c’è ma manca il personale

I ristoratori alle prese con il complesso ritorno alla normalità se la vedono con una nuova, inattesa, minaccia: la scarsità di manodopera. Sussidi e corsi di aggiornamento attraggono più delle offerte di lavoro
Dall’Irlanda agli Usa, la ripresa c’è ma manca il personale

Una serie di articoli sui quotidiani internazionali pubblicati nell’ultima settimana fotografa le conseguenze dello stravolgimento inatteso di ritmi e abitudini che ha investito il settore horeca da marzo 2020 sulla ricerca di personale. I ristoranti stanno tornando a riempirsi, ma in molti casi non riescono a soddisfare le richieste dei clienti per la mancanza di manodopera.

IL PARADOSSO DEI SUSSIDI IN IRLANDA

Anche se siamo in grado di garantire il rispetto di ogni norma di sicurezza e un adeguato salario mensile, la paura di nuove chiusure e il costo della vita che non si è ridotto spingono molte persone a cercare lavoro in altri settori, primo fra tutti la Grande distribuzione. O, nel caso degli immigrati, sono sempre di più quelli che tornano al Paese d’origine o emigrano altrove“, racconta all’Irish Times Nisheeth Tak, 18 anni di onorato servizio al Rasam, ristorante indiano di Dublino. Che non fa mistero anche di un paradossale effetto boomerang generato dalle misure varate a sostegno del settore dal governo: il Pup, Pandemic Unemployment Payment, che di fatto concede un sussidio mensile ai lavoratori del settore, finisce con l’essere più conveniente di uno stipendio medio, per chi è impiegato part time. Tornare a lavorare, insomma, non è una prospettiva così allettante. E il rischio, se non si colmano le esigenze dell’organico, è, per Nisheet e molti altri colleghi, di essere costretti a chiudere un giorno alle settimana, perdendosi così l’opportunità di cavalcare in pieno la riapertura, fissata per il 7 giugno.

TURNI E SCARSA PAGA ORARIA GLI OSTACOLI

Dall’altra parte dell’oceano, in quegli Stati Uniti in cui Biden annuncia trionfante il cessato obbligo di indossare la mascherina per chi è completamente vaccinato, i ristoratori sono alle prese con un difficile percorso verso la riapertura. Percorso che, a quanto pare, sempre meno lavoratori sono interessati a intraprendere, attratti più dai sussidi che dalla notoriamente risicata paga oraria. Lo racconta la Texarkana Gazette, evidenziando come, in particolar modo le catene di fast food, siano in uno stato costante di emergenza per la mancanza di personale. Uno dei direttori marketing di Wendy’s ammette: “Stiamo costantemente cercando, senza successo, di assumere qualcuno per garantire la completa operatività dei turni, dal momento che i nostri locali spesso si trovano lungo le highway e sono aperti 24 ore su 24“.

NEGLI USA PERSI 2,5 MILIONI DI POSTI DI LAVORO

Da Applebee’s spiegano di avere un bisogno disperato di baristi e camerieri, specialmente per i turni serali, da quando le misure restrittive sono state allentate: “Il flusso di clienti è molto più alto di prima e non riusciamo a stargli dietro, con così poco personale“. Ma se i consumatori sembrano aver abbandonato ogni timore legato al ritorno nei ristoranti, sono molti i lavoratori che invece manifestano delle resistenze legate alla scarsa possibilità di conoscere il grado di protezione offerto dai vaccini. E hanno preferito usare il periodo di stop forzato per rimettersi a studiare, fare un corso di aggiornamento, riciclarsi in altri settori. La National Restaurant Association stima che durante la pandemia si siano persi 2,5 milioni di posti di lavoro nel settore e che oltre 100 mila attività abbiano chiuso i battenti. Per chi cerca, faticosamente, di ripartire, adottare incentivi per attrarre personale sembra una strada quasi obbligata: McDonald’s, nel 5% di ristoranti a gestione diretta, sta proponendo rilevanti aumenti del salario medio per attrarre nuove professionalità.

© Riproduzione riservata