Food at home: un mondo di possibilità

Dai droni automatici utilizzati negli Usa ai locker refrigerati sparsi nelle città in Cina. E in Giappone ti portano la bistecca a casa in taxi. Viaggio nelle mille declinazioni del delivery fuori dall’Italia
Food at home: un mondo di possibilità

Le vie del food at home e del delivery sono infinite. E per accorgersene basta buttare un occhio a quel che succede fuori dal perimetro nazionale. Dai droni utilizzati per la consegna asettica e contactless fino al portone di casa, ai locker refrigerati da cui ritirare una cena completa. Dai food truck ripescati dal garage per portare le specialità quartiere per quartiere e appartamento per appartamento, ai sushi box talmente lussuosi, nel contenuto come nel contenitore, da essere capaci di trasferire sulla tavola di casa la stessa esclusività di una cena in un tre stelle Michelin.

Una miriade di soluzioni che stanno prendendo piede o che sono nate proprio nell’era del lockdown e promettono numeri sorprendenti anche nell’epoca del distanziamento sociale.

IN USA I PRIMI DRONI-FATTORINO

A proposito di social distancing, un tema con cui hanno dovuto e dovranno fare i conti le flotte di rider delle note piattaforme di delivery, è quello della garanzia di sicurezza verso il cliente. Tanto che negli Usa c’è già chi ha pensato di reinventare il cosiddetto “ultimo miglio”, ovvero la consegna finale al consumatore. La soluzione? Droni su ruote al posto dei fattorini per la consegna in ottica food at home. Sul territorio statunitense sono già stati sperimentati da tempo da Amazon, Flirtey e Wing, ma è nel campo del food, secondo l’ultimo rapporto di Lux Research, agenzia di consulenza e ricerca di Boston, che le consegne automatizzate genereranno entrate fino a 48,4 miliardi di dollari entro il 2030, quando si prevede il maggiore incremento.

LOCKER PER LA CONSEGNA CONTATCTLESS IN CINA

Anche una delle più famose e utilizzate app cinesi di delivery, Meituan Waimai, sta testando l’impiego di macchine automatizzate in grado di gestire l’intero processo logistico per la consegna porta a porta di alimenti freschi e cibi cucinati: una sperimentazione favorita dallo svuotamento di strade e piazze dal traffico già da diversi mesi nelle zone in cui la pandemia si è diffusa per prima. Nell’ambito del suo programma di contactless delivery, promosso a vari livelli per cercare di arginare quella paura di contagio al ritiro dei cibi, Meituan ha inoltre installato centinaia di locker automatici nei quali i fattorini della ristorazione lasciano gli ordini dei clienti, evitando così del tutto il contatto personale: gli armadietti sono refrigerati, dotati di raggi ultravioletti per disinfettare le confezioni e si aprono tramite un Qr code che viene spedito al cliente assieme alla ricevuta.

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UN’APP CHE VEICOLA GLI ORDINI

Il visionario imprenditore Nick Kokonas, titolare di un impero della ristorazione a Chicago e inventore di una piattaforma capace di generare prezzi dinamici per le prenotazioni nei suoi ristoranti, ha riadattato in pochi giorni, e in piena emergenza coronavirus, la sua app Tock, che prima del lockdown era utilizzata dalla bellezza di 3mila ristoranti sparsi in 30 paesi del mondo, trasformandola in Tock to go: il software che gestiva le “reservation” di sala per i locali aderenti è stato in pochi giorni riconvertito in un’applicazione capace di “spalmare” le prenotazioni dei piatti da asporto. Gli ordini vengono gestiti su tante fasce orarie e, oltre a permettere di non “ingolfare” le cucine negli orari di punta, l’app tiene traccia dell’inventario, eliminando automaticamente dal menu le portate che si esauriscono. Per i piatti ritirati in loco dal cliente è una manna: niente più code e assembramenti al ritiro, sia di auto sia di persone. E per il servizio food at home è pure meglio: per prima cosa la piattaforma rende visibile al ristorante il cliente che eff ettua l’ordine, e il contatto diretto è un grosso vantaggio in termini di gestione degli imprevisti e visibilità. Poi l’app non offre un servizio di consegna, e questo è un duplice vantaggio per il ristoratore visto che può far consegnare ai suoi dipendenti (dando così lavoro ai camerieri, per esempio) con una commissione del 3% – e non del 20 o 30% come richiesto dalle tante app di delivery.

LO CHEF CHE “CUCINA” CON IL CLIENTE SU INSTAGRAM

I social network e un’idea per “entrare” nelle case dei suoi clienti all’ora di cena sono stati invece la salvezza dello chef di origine cinese Lucas Sin, proprietario della catena Junzi Kitchen, che aveva di recente aperto tre nuove sedi a Manhattan. Grazie a un nuovo concept di “pranzi a distanza” è riuscito a convertire noodles e street food in un’esperienza nuova, capace pure di far ricredere chi si era allontanato dal cibo cinese, convinto che veicolasse la pandemia nata a Wuhan. Tre portate, cucinate ma abbattute vengono spedite fredde a casa del cliente, assieme all’invito per assistere a una diretta Instagram in cui lo chef, all’ora prestabilita, spiega come rigenerare il tutto. Insomma, un modo per includere nella consegna anche la sensazione omaggio di trovarsi davvero nel suo locale assieme ad altre persone.

ESCLUSIVITÀ A DOMICILIO COL SUSHI DA 800 DOLLARI

Il tristellato Masa di Masayoshi Takayama, che dal bancone al quarto piano del Time Warner Center di Manhattan serviva uno dei sushi più raffinati di New York, non poteva che puntare sull’esclusività e ha fatto del suo delivery un oggetto del desiderio. Il suo special box costa la bellezza di 800 dollari e, sebbene sia pensato (dice lo chef) per quattro persone, è probabilmente il delivery più caro al mondo.

Ma considerando che il costo medio di un omakase menu (proposta dello chef) nel suo ristorante costava la bellezza di 600 dollari a persona (che diventavano facilmente 1500 per una cena in due) il prezzo del suo bento, che impacchetta fettine di salmone, tonno grasso, verdure e riso in scatole di legno laccate con nastri, sigilli in ceralacca e bacchette che sembrano usciti da un quadro, è un “affarone”. Tanto che i soli 20 delivery che mette a disposizione ogni settimana vanno costantemente e immediatamente esauriti nel giro di pochi minuti.

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IL CHEESE BAR DI LONDRA TORNA AL FOOD TRUCK

Al polo opposto, nel Regno Unito, la catena fast casual The Cheese Bar, famosa in tutta Londra per i suoi piatti di formaggi serviti in banconi col nastro trasportatore (come in Giappone fanno col kaiten sushi) è tornata alle sue radici street food per riavvicinarsi ai clienti. E ha rispolverato i food truck con cui era partita l’insegna prima di aprire il suo flagship restaurant nel cuore di Camden, portando ora i suoi prodotti sotto casa dei fedelissimi “seguaci della cagliata”.

Ogni giorno, durante la difficile quarantena, ha portato i Self-Isolation Survival Kits (kit di sopravvivenza per l’autoisolamento) in quattro location diverse di Londra: scatole con speciali formaggi inglesi a sufficienza per ricreare i taglieri serviti nei suoi locali e sfamare due-tre persone. Insomma, un’idea a metà strada tra il take away e il delivery, finalizzata ad accorciare la distanza col cliente.

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A TOKYO IL FOOD DELIVERY SI FA ANCHE IN TAXI

In Giappone, terra di vending machine e izakaya (pub in stile Sol Levante) grossi come un ripostiglio ma anche di locali di altissimo livello, c’è chi ha avuto una trovata per tamponare il collasso di un altro settore duramente colpito dalla pandemia e dallo stop agli spostamenti: quello dei taxi. Nihon Kotsu Co., la più grande compagnia di veicoli con conducente a Tokyo, ha messo a disposizione i suoi autisti per le consegne a domicilio di alcuni locali della capitale e offre il delivery, per esempio, di bistecche da 32 mila yen (oltre 270 euro) della Wolfgang’s Steakhouse, sede nipponica della rinomata catena americana. L’ispirazione è semplice: un costoso pezzo di carne o una pietanza di alto livello hanno bisogno di più cura nella consegna di quanto possa off rire un rider in bicicletta.

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L’idea, ovviamente indirizzata a una clientela esigente e alto spendente, funziona meglio del previsto, giura la compagnia di taxi. Anche perché il costo fissato della corsa (limitata a destinazioni entro 30 minuti di distanza) è di 3.300 yen, poco meno di 30 euro: una cifra concorrenziale, considerando il valore aggiunto e il prezzo medio delle pietanze trasportate che supera spesso gli 800 euro. Insomma: a ognuno il suo delivery.

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