Il regno di Giuseppe Zen al mercato della Darsena

Macelleria Popolare, R(esistenza) Casearia e Panificio Italiano sono i tre figli di Giuseppe Zen, il macellaio visionario già noto alla Milano da bere come ideatore di Mangiari di Strada a Lorenteggio, che pian piano sta espandendo il suo dominio sul mercato della Darsena di Piazza XXIV Maggio
Il regno di Giuseppe Zen al mercato della Darsena

Sorge sul “lungomare” di Milano, all’incrocio tra il Naviglio Grande e il Naviglio Pavese, il paradiso gastronomico di Giuseppe Zen, lo scapigliato e geniale patron di Mangiari di Strada, che nel 2014 ha piantato la sua prima bandiera nel mercato di Piazza XXIV Maggio con la Macelleria Popolare e che oggi ha triplicato con il Cheese Bar R(esistenza) Casearia e il Panificio Italiano. Tre banchi del mercato coperto accomunati dalle stesse specifiche linee guida: attenzione estrema per la materia prima, rispetto per l’animale e per il produttore, proposta di prodotti sani e naturali al 100%. E non solo è possibile acquistare e portar via, ma anche consumare al momento piatti pronti e gustarli o in piedi ai banconi, o nei tavolini affacciati sul “mare”, fino a mezzanotte.

LA MACELLERIA POPOLARE

Alla Macelleria Popolare è Giuseppe Zen in persona che accoglie la clientela, spiegando meticolosamente la carne che propone e che cosa la rende così buona: per Zen non esiste altra carne che quella proveniente da animali cresciuti liberi e grass-feed, ovvero nutriti solo ed esclusivamente ad erba. “Se le vacche sono state create con uno stomaco a 4 sacche per digerire l’erba, perché dovrebbero essere nutrite a mais? Così facendo spesso e volentieri gli animali si ammalano e vengono tenuti in vita con gli antibiotici. Quindi che cosa mangiamo? Antibiotico.” Questo è il giusto ragionamento di Zen, che guida tutta la selezione di carne che si può comprare alla Macelleria Popolare. Tutta la carne bovina è inoltre frollata da un minimo di 30 giorni a un massimo di 6 mesi, ed esposta nella vetrina a vista.

“A volte le vecchiette mi vengono a dire di fare attenzione che la carne in vetrina sta marcendo”, racconta con un sogghigno Giuseppe Zen, “dobbiamo ri-abituare il pubblico a mangiare bene e a domandarsi che cosa sta comprando.”

R(ESISTENZA) CASEARIA

Formaggeria e cheese bar dove si vendono solo formaggi a latte crudo e vini naturali super selezionate e pregiati. “Questo significa che il 98% dei prodotti che trovate in vendita sono realizzati con latte non pastorizzato d’alpeggio e senza fermenti aggiunti. Alla formaggeria diamo spazio alle persone e non agli individui, al saper fare atavico e all’attitudine al lavoro artigianale”.

La selezione è frutto di 30 anni passati in giro per gli alpeggi e di ogni singolo formaggio al cliente viene dato un assaggio e raccontata la storia: da dove viene e chi è che lo produce. Sono storie di montagna, di artigiani, di contadini, di pastori, tutte accomunate dall’amore che nel prodotto finale non può che sentirsi. La formaggeria è anche cheese bar, nel senso che al banco si assaggia a qualsiasi ora, si beve vino e si mangiano piatti pronti, come per la macelleria, sia al banco che ai tavoli all’esterno.

IL PANIFICIO ITALIANO

Arrivando da Porta Ticinese è la prima insegna luminosa che salta all’occhio: Panificio Italiano, un box di 14 metri quadrati con mini-laboratorio in cui riescono a lavorare massimo in due, giocando con gli incastri e cercando di non pestarsi i piedi a vicenda. “In quello scrigno c’è tutta la carica energetica di uno spazio senza luogo – racconta Zen – potremmo trovarci a Tokyo o a New York, a Berlino o a Milano, ciò che conta è che facciamo cose magnifiche. E visto gli spazi ristretti che ci ospitano possiamo davvero parlare di un pane amoroso”.

La produzione del pane è limitata e se non si arriva entro le 15 si rischia di rimanere a bocca asciutta, o quantomeno di doversi accontentare di ciò che avanza (comunque strepitoso). Qui si produce tutto il pane per la macelleria e per il cheese bar nella direzione di una naturale sinergia tra attività diverse e complementari, accomunate dal desiderio di mettere le mani in pasta e tornare a produrre il cibo come deve essere.

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