Intervista a Lucio Rossetto, CEO di Lagardère

350 milioni di euro di fatturato in Italia nel 2017. Obiettivo di crescita puntando sulle tipicità del nostro Paese e sul potenziale di aeroporti, stazioni e autostrade
Intervista a Lucio Rossetto, CEO di Lagardère

Un ingegnere aeronautico alla guida della filiale italiana di un colosso internazionale del commercio qual è Lagardère Travel Retail, attivo in oltre 30 paesi nel mondo con oltre 4.000 negozi in portafoglio, un diversificato bouquet di insegne e oltre 7 miliardi di fatturato.

Un paradosso? Niente affatto: Lucio Rossetto, 51 anni, origini veronesi e bolognese d’adozione, ha conquistato nel settembre 2015 i galloni di CEO della sede italiana del big player francese mettendo a frutto importanti esperienze italiane e internazionali svolte in passato: in Germania per BMW Rolls-Royce Aeroengines e Roland Berger nella consulenza ad aeroporti e compagnie aeree, successivamente in McKinsey e Coop in Italia. E oggi guida lo sviluppo della società nel nostro Paese con un approccio che coniuga profonda conoscenza del mercato e di un business con forti peculiarità, capacità di offrire risposte “tailor made” alle esigenze dei clienti, know-how tecnologico e un indispensabile quid di efficienza e versatilità nel cogliere le opportunità e trasformarle in progetti e format. Il tutto possibilmente in tempi rapidi: quelli che il travel retail impone.

Quali sono le tappe dello sviluppo del gruppo in Italia?
Siamo arrivati in Italia attraverso due importanti acquisizioni: la prima è, nel 2012, l’attività Duty Free degli aeroporti di Roma, che ha fatto della nostra capitale il secondo hub europeo di Lagardère dopo Parigi, permettendole di qualificarsi come player internazionale di peso. Due anni dopo è la volta di Airest, che gestiva il business food e duty free in molti aeroporti italiani, tra cui Venezia, Palermo, Bari, Treviso, Verona. Con il mio arrivo e l’integrazione tra queste due realtà, è nata un’unica società per l’Italia, che gestisce negozi di duty free, lusso, ristorazione e articoli per il viaggiatore negli aeroporti, nelle stazioni e sulle autostrade. Due le sedi: Roma per i duty free e la relazione con i clienti, Venezia per la parte amministrativa. Lagardère si configura come una federazione di società, ciascuna con un notevole livello di autonomia nel proprio paese. Il che la differenzia dai nostri competitor e dallo stesso modello francese, tradizionalmente molto centralizzato. Credo che questo sia il segreto del nostro successo: la convinzione che per poter esprimere il potenziale occorra adeguarsi al territorio in cui si opera.

Cosa va tenuto sotto controllo a livello centrale?
Innanzitutto, a livello di gruppo sono gestite le relazioni con i grandi brand internazionali: in questo caso, è importante essere interlocutori con un peso specifico importante. Spesso i fornitori stessi sono interessati ad avere una prospettiva internazionale: un esempio perfetto, in tal senso, è l’accordo con Iswa, una partnership con prestigiosi brand del vino italiano (Frescobaldi, Fontanafredda, Allegrini, Feudi di San Gregorio, Planeta, Caprai, Villa Sandi) che sanno di avere in Lagardère un interlocutore ideale per svilupparsi all’estero e ci garantiscono affidabilità. Un altro ambito presidiato a livello internazionale è lo sviluppo delle competenze, grazie a un team di professionisti abituati a dare vita a grandi progetti. Basti pensare al duty free aperto nel 2016 a Roma Fiumicino, il più grande di Lagardère: una realtà da quasi 80 milioni di euro di fatturato annuo.

Quali peculiarità avete riscontrato nel travel retail in Italia?
Una su tutte: la necessità di esprimere il nostro Paese. I nostri clienti si aspettano di trovare nei nostri negozi, tanto negli aeroporti come nelle stazioni ferroviarie, qualcosa di italiano. Da qui l’elevatissima presenza di prodotti tipici del territorio. Un esempio: il negozio di Palermo (ben 800 mq) è per metà riservato ai prodotti siciliani, che rappresentano il 50% delle vendite.

Definite la vostra un’attività “B2C4B”: cosa significa?
In estrema sintesi, si tratta di conciliare ciò che vuole il cliente con le esigenze e gli obiettivi dell’aeroporto in cui operiamo. Alcuni hanno un’idea complessiva di offerta molto forte e definita: è il caso di Roma, non per nulla da tre anni valutato come l’hub n. 1 in Europa per la customer experience. Anche Venezia e Bologna, per fare altri due esempi, stanno lavorando in questa direzione. Il segreto è operare al meglio sulle infrastrutture, un ambito nel quale peraltro l’Italia è un po’ in ritardo: per questo è importante sviluppare con l’aeroporto una relazione di partnership, basata su quella flessibilità necessaria a centrare importanti obiettivi di crescita comune.

E come operate nelle stazioni ferroviarie?
Siamo attivi anche in quel canale, che al momento pesa per meno del 10% del fatturato, ma è destinato a crescere: seguiamo con attenzione, in questo senso, i progetti di Grandi Stazioni. Va detto che, mentre l’approccio agli aeroporti è ormai in qualche modo codificato, nelle stazioni per noi la sfida è avvincente perché c’è ancora tutto da inventare. In particolare, se il food lo presidiamo bene, nel travel essential abbiamo molta strada da fare. E sappiamo che in quell’area, dove il servizio è essenziale per la customer experience, si gioca molto del successo. A ogni modo, questo mondo si dovrà trasformare anche in Italia, pur nel rispetto delle nostre esigenze ed esperienze.

Qual è l’ultimo fatturato?
Premetto che Lagardère Travel Retail ha tre anime: Duty Free e Fashion (circa 200 milioni di euro), Foodservice (120 milioni) e Travel Essential, ovvero giornali, servizi, ecc. (30 milioni). Complessivamente, arriviamo a circa 350 milioni di fatturato (+10% sul 2016) con circa 130 negozi, di cui 70 food, e 1.500 collaboratori, che possono arrivare a 2.000 in alta stagione. Tutte le linee di business sono in crescita, in particolare tutto ciò che non dipende dal consumatore italiano. Per noi è fondamentale quello che definiamo il 6° continente, ovvero gli stranieri che vengono a visitare l’Italia.
Il traffico aereo cresce del 4% a prescindere dalla crisi e lo spending per passeggero dell’8%: noi oggi registriamo un +12%, il che significa che c’è un moltiplicatore importante dato dal traffico, dalla disponibilità economica e dal potenziale dell’offerta.

Quali sono le location più interessanti?
Sono convinto che il più grande potenziale di crescita sia rappresentato dagli aeroporti di media grandezza, perché sono quelli che mostrano il maggiore tasso di sviluppo e, quindi, hanno più bisogno di sviluppo infrastrutturale. E, dunque, hanno anche bisogno di un partner come Lagardère, che li può aiutare in tal senso.

E il business autostradale?
È molto importante: il suo sviluppo dipende da come questo canale si evolverà. Noi stiamo pensando a nuovi modi per offrire servizio. Per esempio, il classico free flow ci sembra un po’ stanco: dobbiamo immaginare qualcosa di più moderno in termini di customer satisfaction.

Che ruolo gioca il franchising per l’azienda?
Abbiamo un solo negozio in franchising, ma crediamo che si tratti di una formula che può avere un ruolo. Il franchising serve dove c’è grande potenziale di sviluppo, ma occorrono grandi realtà, in grado di dare il supporto e l’assistenza necessari. Nei prossimi anni investiremo per dare un servizio a chi voglia sviluppare un’offerta di questo genere: il travel è un po’ il precursore di alcuni fenomeni sociali, è chiamato ad agire in fretta, intercettando bisogni e trend. La verità è che molti vogliono fare franchising nel food, ma è un settore affollato e occorrono competenze specifiche per svilupparlo.

Investite in comunicazione?
Non abbiamo un budget di advertising: preferiamo una comunicazione B2B fatta di relazioni ed eventi rivolti ai clienti e ai consumatori. Investiamo anche in corporate social responsibility, ovvero sul territorio: per esempio, abbiamo collaborazioni con l’Ospedale Bambin Gesù di Roma e la Fondazione Veronesi di Milano.

Quanto la burocrazia condiziona lo sviluppo del vostro business?
Da questo punto di vista, il nostro business non è più difficile rispetto ad altri settori del retail. E non è questione solo di tassazione più meno elevata: il problema vero è la poca chiarezza normativa, che genera incertezza sulle regole e su come impostare l’attività. È difficile farlo capire a un investitore internazionale, che ha bisogno di certezze su come muoversi nei diversi paesi. Senza dimenticare la sicurezza, un tema specifico degli aeroporti, che si riflette su molti aspetti dell’attività e rende difficile sviluppare delle catene.

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