Miscusi entra nel capitale di Berberè

Al via un piano di espansione in Europa. L'intesa porterà alla creazione di sinergie per la filiera e la tecnologia. Si parte da 40 milioni di fatturato complessivo per arrivare oltre 100 milioni nel 2024
Miscusi entra nel capitale di Berberè

Un’alleanza tra due brand della ristorazione, il primo fondato sulla pasta e il secondo sulla pizza, per far crescere la dieta mediterranea nel mondo. I protagonisti di questa partnership sono Miscusi e Berberè.

La B-corp milanese ha annunciato l’ingresso nel capitale della realtà bolognese dei fratelli Salvatore e Matteo Aloe, dando vita a un gruppo da 30 locali tra Italia ed estero, 600 collaboratori tra i due team e un fatturato aggregato che, alla fine del 2022, dovrebbe toccare i 40 milioni di euro con l’obiettivo di sostenere la crescita attraverso nuove operazioni di fundraising, unendo le forze e sfruttando le sinergie che deriveranno dalla massa critica in ambito supply chain e tecnologia. Si punta a superare i 100 milioni di fatturato entro il 2024.

Ingresso nel capitale

L’accordo ha determinato l’ingresso nel cda di Berberè da parte di Alberto Cartasegna, co-founder e Ceo di Miscusi. La quota azionaria acquisita da Miscusi non è stata precisata ma, secondo Askanews, sarebbe pari al 23,5 percento. I fratelli Aloe continuano a rimanere alla guida di Berberè, che oggi dispone di quindici locali in Italia (l’ultima apertura ha riguardato Bologna, in via di Porta Saragozza) e di uno a Londra, con una crescita stimata del 20% a fine anno rispetto al 2019.

Nel frattempo, Miscusi – società finanziariamente solida grazie alla chiusura di tre round di finanziamento di cui l’ultimo, pari a 20 milioni di euro, è stato guidato da Mip-Milano investment partners di Angelo Moratti (già protagonista negli altri due round da 12 milioni di euro) con il coinvolgimento del fondo americano Kitchen Fund – è arrivata a 12 ristoranti in Italia e uno a Londra, dove a giugno ci sarà la seconda apertura. È inoltre in arrivo, per settembre, il terzo locale Miscusi a Torino. Ora la sfida per entrambi i marchi è legata all’affermazione nelle principali capitali europee.

Contratti diretti di filiera

Ci conosciamo da tanti anni, ho sempre avuto molta stima di Salvatore e Matteo, due fratelli con una passione immensa per quello che fanno che si sente tutta quando mangi la loro pizza” ha commentato in una nota Alberto Cartasegna. Il quale ha poi aggiunto: “Abbiamo investito in Berberè per iniziare un progetto che vedrà nascere un gruppo che mette a sistema prima di tutto tecnologia e filiera, i due asset che reputiamo più importanti per la rivoluzione di cui abbiamo bisogno: quella dei contadini. Guardo con grande positività al futuro: oggi si parla tanto di cambiamento climatico, il food giocherà un ruolo chiave, il 25% delle emissioni di CO2 deriva dalla produzione alimentare. Con Miscusi abbiamo investito milioni di euro in capitale umano e tecnologia, girando l’Italia in lungo e in largo, prendendo accordi diretti sui campi, disintermediando le logiche di mercato e costruendo una squadra di biologi, nutrizionisti, chef e agronomi. Adesso, Miscusi e Berberè uniscono le forze per proseguire, insieme, su questo percorso: preoccuparci della felicità dei nostri ospiti per portare in tavola un piatto sempre più gustoso, ma anche allo stesso tempo perfettamente digeribile ed estremamente rispettoso della terra e dei contadini che la lavorano”.

Resta Alce Nero

Nel capitale sociale di Berberè resta la partecipazione minoritaria da parte di Alce Nero, il gruppo italiano leader dei prodotti da agricoltura biologica. A precisarlo sono Salvatore e Matteo Aloe, dichiarando che: “Così come abbiamo fatto nel 2015 con l’entrata di Alce Nero, oggi abbiamo aperto le porte anche ad Alberto e a Miscusi, con la certezza che le tre aziende assieme potranno fare grandi cose per se stesse, per le persone che lavorano, per i clienti e per il pianeta”.

Sul significato dell’intesa con Miscusi, i fratelli Aloe dichiarano: “In Miscusi abbiamo trovato delle persone con grandi competenze e con una visione simile alla nostra riguardo al fare impresa nella ristorazione nel nostro Paese. È stato bello da subito condividere le idee per trovare soluzioni, il Covid ci ha poi avvicinato ancor di più e abbiamo considerato l’opportunità di lavorare assieme su molti aspetti comuni per essere ancora più organizzati e affrontare i prossimi anni con competenza e strumenti, necessari per le sfide che ci attendono”.

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