Ci Sta sceglie Verona e sfida la stagflazione

La nuova apertura dopo gli store milanesi sul solco della sostenibilità economica. Il fondatore del brand Nico Grammauta: “In un momento di recessione per gli investitori indipendenti del settore ogni passo va ponderato. Le parole d’ordine? Contenimento dei costi e ritorno sull’investimento”
Ci Sta sceglie Verona e sfida la stagflazione

Ci Sta, start-up Made in Italy col suo format dedicato alla pizza e figlia dell’idea imprenditoriale di Nico Grammauta, sfida la recessione del settore con una nuova apertura a Verona. Una scelta che da un lato rappresenta la precisa volontà di puntare su un’area geografica con forte potenziale di crescita: la direttrice del Nord Est che idealmente unisce Milano e Trieste. Dall’altra è un passo ponderato nell’ottica di una ridefinizione di un piano di espansione del brand (inizialmente pensato per essere più rapido) in risposta alle attuali condizioni di mercato, fortemente complicate dallo scenario di estreme tensioni politiche ed economiche internazionali dopo i mesi di crisi pandemica.

Tempo di misurare i passi

“Questo è un momento di grande difficoltà per il settore, in particolar modo per gli imprenditori indipendenti. Un periodo storico che richiede molta attenzione sull’esposizione nei confronti delle banche e una valutazione ancora più attenta e puntuale nei riguardi delle aperture di nuovi store”, è l’analisi di Grammauta. “La realtà e quella di un mercato entrato in piena recessione e di una situazione di stagflazione, dove alla mancata crescita del Pil si unisce la salita dell’inflazione che ormai ha superato il 7%. L’incubo di tutte le banche commerciali, dove aumentano prezzi e tassi di interesse su mutui e linee di credito”.

Se questo scenario “può rappresentare una forte opportunità per quei brand che hanno a bordo investitori con un profilo di rischio adeguato e che sono in grado di capire le potenzialità di un investimento in un momento di flessione”, dall’altro per tutte le realtà indipendenti “è vitale misurare bene i propri passi”, prosegue l’imprenditore. “Un nuovo punto vendita nel food retail andava a regime di fatturato in 10-12 mesi nel 2019, oggi rischiano di volerci 18-24 mesi. E il ritorno sull’investimento (il cosiddetto Roi) per un investitore istituzionale si allunga verso un orizzonte di 48 mesi”.

Qualità e sostenibilità le linee guida

Dopo le due aperture a Milano – la prima a maggio 2021 in via Procaccini, zona Sempione e quella più grande in Brera, in via Castelfidardo – la scommessa è il nuovo store di Verona, inaugurato a fine marzo. La ricetta è la stessa degli altri punti vendita e si basa su ingredienti di alta qualità, selezionati da produttori locali, e attenzione massima alla sostenibilità con l’utilizzo anche di packaging a basso impatto ambientale. “Il nuovo punto vendita si trova in pieno centro, in zona di Porta dei Leoni, al confine della zona pedonale. Un’area di fortissimo passaggio, anche turistico. Ha 60 coperti di dehor e una novantina all’interno. Layout, formula e menù sono gli stessi di quelli degli altri store. Siamo una catena che cerca di esprimere un concetto di artigianalità del prodotto tramite l’eccellenza delle materie prime. Non a caso il nostro investimento più forte è quello fatto sulla qualità e la ricerca delle farine, che garantiscono la bontà del prodotto anche se consegnato in asporto o consegna a domicilio e dunque non alla temperatura ideale di consumo”.

Aumentare il rapporto investimenti/fatturato

Ma perché la scelta proprio di una città come Verona per il nuovo punto vendita della neonata catena milanese di pizza? “Io credo molto nell’asse del Nord-Est”, prosegue Grammauta, “una direttrice dove la possibilità di spesa media è alta e dove c’è una grande cultura del food e beverage di qualità. Compresa la pizza e gli impasti, come dimostra la presenza dei mulini del Padovano, tra i migliori d’Italia. La combinazione di questi fattori porta a un riconoscimento anche economico della qualità da parte del cliente”.

L’altra motivazione dell’investimento nella città di Giulietta è “il rapporto tra costo-accessibilità e resa dei fatturati. In una realtà come Verona, dove gli affitti sono ancora distanti da quelli ormai schizzati fuori parametro nelle città come Milano e Roma, la possibilità di avere a disposizione ampie metrature e un numero consistente di coperti a costi ragionevoli, anche nelle zone centrali, è sostenibile”. Non a caso, prosegue Grammauta, “Verona è risultata tra le prime città in Italia in una recente classifica stilata dalla società di consulenza milanese TradeLab, con la più alta percentuale di successo sulle nuove iniziative commerciali”.

I primi risultati sembrano premiare la scelta di Ci Sta. “I 160 coperti che abbiamo fatto nel pranzo di Pasqua a pochi giorni dall’apertura e con un investimento nullo in pubblicità, altra voce di costo che abbiamo deciso di tenere a bada per non gravare sul budget, testimoniano che l’intuizione è stata più che corretta”.

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