Confimprese, quattro proposte per il commercio

L’associazione formula una serie di richieste al governo per la sopravvivenza del sistema. Il presidente Mario Resca: “Il commercio è nelle sabbie mobili”
Confimprese, quattro proposte per il commercio

Il commercio è nelle sabbie mobili. A sette mesi dall’inizio del lockdown i consumi languono e della ripresa economica non vi è traccia. Come pensa il governo di aiutare il nostro settore? Non c’è industria senza distribuzione e non c’è distribuzione senza l’impegno dei nostri imprenditori e dei nostri collaboratori, ma le risposte non ci sono. Siamo pronti a pronti a forme inedite di protesta per far valere le nostre ragioni nell’interesse del Paese”. E’ la dura denuncia di Mario Resca (nella foto), presidente di Confimprese, associazione forte di 40 mila punti vendita e 600 mila addetti.

I NUMERI DELLA CRISI

A certificare lo stallo gli ultimi dati dell’Osservatorio Confimprese-EY nel periodo gennaio-agosto: il progressivo sull’anno registra -37,3%, l’abbigliamento/accessori -37,8%, la ristorazione -40,2%, altro non food -29%. Il travel precipita a -62,1%. I consumi sono fermi al minimo indispensabile, con il prevedibile effetto boomerang sui segni di movimento che aveva cominciato a dare la produzione, immaginando una ripresa che tarda a venire.

UNA FILIERA AL COLLASSO

È un’intera filiera che rischia il collasso, mentre secondo l’associazione “lo smart working sta generando un mostro che vive di staticità, determina la desertificazione di aeroporti e stazioni e la mancanza di indotto nel commercio, nei bar, nei ristoranti. Il Ministero dei trasporti deve intervenire sulla mobilità e destinare fondi al comparto per permettere alle aziende di ristrutturarsi una volta finita la cassa integrazione”.

Il governo ha annunciato che lavorerà a ridurre il cuneo fiscale e le tasse ma, tempi a parte – incalza Resca per noi resta una grande incognita: quali sono le intenzioni verso il commercio? E’ un settore labour intensive, nel dettaglio impiega 2,1 milioni di persone ma è in ginocchio. Rischia di perdere 400mila posti di lavoro e di chiudere il 30% di negozi in tutta Italia. Quanti altri numeri negativi dobbiamo ancora registrare affinchè le istituzioni, che ringrazio per l’impegno profuso nelle fasi più difficili della pandemia, pensino a un piano tagliato su misura del commercio, che sinora è stato sacrificato a favore dell’helicopter money? Tutto ciò è un formidabile assist all’online, che con il lockdown ha semplicemente abbreviato il suo percorso di crescita. Nelle linee guida indicate finora dal governo, non c’è un progetto nazionale di tutela del ruolo sociale dei negozi fisici, delle catene di distribuzione come le nostre che hanno accompagnato lo sviluppo del Paese e che ora rischiano la pelle. Per questo dobbiamo adoperarci, in accordo con Confcommercio, Confindustria e con le altre associazioni datoriali, affinchè nei grandi filoni di intervento che il governo proporrà all’Europa ci siano davvero progetti importanti e validi per tutti i settori industriali.

CONFIMPRESE: LE 4 PROPOSTE AL GOVERNO

  • LAVORO Confimprese chiede di “abbassare il costo del lavoro, la cui incidenza media del 48% non ha eguali in Europa. Il taglio del cuneo fiscale fino a 100 euro al mese in busta paga è un primo passo, ma bisogna continuare a lavorare in questa direzione. E’ giunto il momento di rivedere sul serio il cuneo fiscale, e auspichiamo che il Governo voglia lavorare nella cornice del Recovery Fund, con l’obiettivo di tagliare le tasse sul lavoro”. A ciò si associa la richiesta di poter “mettere i dipendenti in mobilità in caso di chiusura di singole unità produttive. Ad oggi è prevista la possibilità di licenziare solo in caso di cessazione definitiva dell’attività d’impresa conseguente alla messa in liquidazione o in caso di fallimento. Per le aziende multilocalizzate – come quelle del settore retail e ristorazione – la complessità è decisamente maggiore ed è necessario prevedere la possibilità di licenziamento in caso di chiusura di una singola unità produttiva od operativa”.
  • CREDITO D’IMPOSTA PER IMMOBILI COMMERCIALI – Confimprese chiede di “rivedere l’art. 28 del DL Rilancio che riconosce un credito d’imposta del 60% per i contratti di locazione alle aziende con un fatturato inferiore ai 5 ml di euro, agevolazione che si riduce al 20% se l’azienda ha un fatturato superiore. La misura, così com’è, esclude l’85% delle nostre imprese associate che hanno un fatturato oltre i 5 milioni. Perché non ampliare le maglie di un beneficio per un settore, il commercio, che rischia di chiudere il 30% dei negozi entro la fine dell’anno?
  • FONDO PER LA FILIERA DELLA RISTORAZIONE – L’associazione propone di “rendere facilmente usufruibile il contributo a fondo perduto per la ristorazione previsto dall’Art.58 del DL Agosto ed ampliarne i destinatari. Ad oggi possono beneficiarne solo le aziende di somministrazione, le mense e i catering che abbiano perso almeno il 25% del fatturato nel periodo marzo-giugno 2020 rispetto allo stesso periodo 2019 e solo per l’acquisto di prodotti che valorizzino la materia prima del territorio. Molte aziende della ristorazione operative nel nostro Paese non ne usufruiranno, perché oltre ai requisiti stringenti di cui sopra, è necessario iscriversi a una ‘piattaforma della ristorazione’ di cui non si conoscono ancora costi e modalità”.
  • SOSTEGNO AL COMMERCIO – Gli aiuti di Stato per l’emergenza Covid sono soggetti al tetto di 800mila euro ad azienda. “Ciò significa – si legge nelle proposte di Confimprese – che tutti i benefici concessi dai decreti Cura Italia, Rilancio ed Agosto non possono complessivamente superare la soglia di 800mila euro ad azienda. La misura penalizza le medie e grandi aziende che occupano la metà dei dipendenti del nostro Paese (circa 6 milioni di lavoratori) e contano sugli aiuti di Stato per superare l’emergenza in corso. Riteniamo che il contributo previsto solo per le attività economiche e commerciali in centro storico sia fortemente discriminante nei confronti di altri canali quali centri commerciali, outlet aeroporti, stazioni. Chiediamo che la misura sia estesa a tutti gli operatori, indipendentemente dal canale in cui operano”. Infine, Confimprese chiede di “aumentare da 6 a 10 anni la durata dei finanziamenti sia con garanzia Fondo PMI che con garanzia Sace, al fine di rendere maggiormente sostenibile il rimborso del piano di ammortamento”.
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